Lungopost – Vita Killer/Tre Candele (I racconti dai miei libri)/L’amore, la logica, Grillo e l’High Tech
<<E’ una questione di logica e basta, Lucy. Se c’è gente che nonostante tutto non riesce ad odiarvi, perchè vi stupite quando qualcuno, nonostante tutto, non riesce ad amarvi?>>.
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Primo tempo
Se tu capissi, amore mio, che il tempo e la fatica che ci vogliono per raggiungere il traguardo sono cento volte meno della fatica e il tempo che s’impiegano ad arrivare al punto di partenza, forse non mi guarderesti con lo sguardo di chi è stata abbandonata per un sogno, ma mi apprezzeresti il doppio per aver compreso quanto quelli corrono veloci e di quanta forza c’è bisogno in testa e nelle gambe per raggiungerli. Ho proseguito solo per le strade di montagna così che tu potessi essere fiera di me per qualcosa di meno futile, di meno primitivo e illogico del semplice amore.
Se tu capissi, amore mio, quanta incoscienza ci vuole per aver coraggio, mi apprezzeresti adesso per la mia follia e non mi guarderesti storto come si guarda il pazzo che ha buttato la sua vita all’aria, perchè è nell’aria, e solo in quella, che si vola.
A.Cascio – Anonimo maratoneta
“Cosa fai qui nella vallata, ragazzo?”.
“Sto cercando me stesso”.
“Ti hai tutto intorno, perchè ti cerchi tra rocce e lucertole?”
“Perchè qui c’è una tale pace …”
“Tutto questo non è pace, è il niente, forse non sarà rumoroso come le vostre città, ma ogni piccolo tintinnio riecheggia a lungo, credimi. Non scorda nulla questo posto e chi non è in grado di scordare non avrà mai pace ma avrà, appunto, niente.”
“A me sembra invece di poter vedere Dio in questi panorami”.
L’uomo butta un’occhiata nella valle e strizza gli occhi per vederci meglio.
“Appunto. Se lo vuoi prenditeli pure, altrimenti salta su, che io sto andando in un posto più sporco e affollato dove se muori puoi dare la colpa a un autista distratto, a un medico incapace, a un farmaco scaduto. Se crepi nel niente mentre fai niente puoi solo dare la colpa a Dio e qui, ragazzo, di Dio ce n’è a perdita d’occhio.”
E io sono sempre piuttosto felice, certo capita a volte di trovare le farmacie chiuse, ma ce n’è sempre una di turno al mio paese.
A.Cascio – Tristi biografie
L’aspartame presente nelle bevande, nei chewingum, nei cereali, in dolci e caramelle è cancerogeno, l’alcol fa venire il cancro, passeggiare per Milano nell’ora di punta è come fumarsi 30 sigarette, a Roma 28: e fumare provoca tumori, così come alcune sostanze presenti nell’acqua di rubinetto, nei biscotti, nella carne e nel pollo. La mozzarella granarolo contiene Nichel e Cromo che sono sostanze cancerogene, il pane molle contiene Alluminio, alcuni antiparassitari usati dai coltivatori provocano il cancro. Causa di tumori sono l’amianto presente in alcune strutture, il talco volatilizzato e il Diesel, le vernici. Il pandoro motta contiene silicio che è cancerogeno, alcuni pesci contengono alte quantità di mercurio e sono causa di tumori. Mangiare e bere fa venire il cancro. Respirare provoca tumori maligni. Vivere è cancerogeno. La vita ci ucciderà tutti
Alessandro Cascio
Scondo tempo
Ho pensato che, visto il notevole successo di vendite dei miei EBook (del tutto inaspettato a dire il vero) ottenuto in poche settimane, avrei potuto cominciare una serie di post che riportassero un passo da ognuno dei miei libri pubblicati, sia in cartaceo che in digitale.
I passi che prenderò non saranno incompleti, ma potranno essere letti come un normale racconto.
Inizierò da “Tre Candele” il mio primo romanzo datato 2003, finalista al premio internazionale di letteratura Jaques Prévért, una storia di droga, sesso, follia e violenza raccontata come fosse una fiaba. Delle 100 e passa pagine vi riporto le prime, quelle che alla fine saranno rivelatorie.
Noterete che ogni mio romanzo è diverso dall’altro, inizierete a conoscere il mio lavoro fuori dal web e capirete che come nella vita reale, ho una lunaticità letteraria che mi porta a variare le storie e il modo di raccontarle per non annoiarmi e per non annoiare. E mi diverte un mondo.
Il Sole aveva da un pezzo portato con sé il giorno e aveva lasciato un lume acceso a dare vista ai ciechi, a schiarire il cielo durante la sua assenza per quei piccoli uomini che la notte hanno paura del buio, quel buio in cui è facile vedere demoni sciogliere i capelli a dannate ninfe e possederle per procreare il male, che è come carta bianca per disegnare mostri, streghe, serpenti e fantasmi, ma che in fondo non è altro che lo specchio dei nostri limiti.
Era Settembre, faceva un caldo che ti seccava la gola e ti portava a pregare che l’Autunno venisse a dissetarla. Tutti a casa Mondeau dormivano già da qualche ora: l’indomani sarebbe stato giorno di vendemmia e bisognava essere in forze per affrontare una giornata di duro lavoro. La finestra era aperta e si sentiva il tremolio del vetro a ogni soffio di vento e poi, per tutta la casa, solo il ronfo strozzato del nonno che russava quasi fosse un trombone impolverato che non suonava da anni.
Il comodino dove il nonno teneva il suo rosario e il coltello da lavoro, stava accanto al letto, di fronte alla porta d’entrata, proprio a un passo dalla finestra.
Lì, su quel mobile in legno, tre candele guardavano la Luna: e la Luna la si guarda per amore o per odio, per gioia o tristezza, per invidia o umiltà.
Mezzatacca si chiamava così perché era la più consumata delle tre candele. La piccola Eirhnh la portò a casa, circa dieci giorni prima, di ritorno dal mercato giù in paese per far un regalo al nonno che compiva i sessant’anni. Era una grossa candela con la scritta d’auguri tutta intorno prima di diventare la più corta e la più vecchia delle tre candele.
Duetacche aveva preso il nome dai segni che il vecchio agricoltore le aveva intagliato per capire quando la luce dovesse cessare per dare spazio ai sogni.
Senzatacca era invece la più giovane, l’unica candela mai accesa da nonno Mondeau.
“Guardate, oggi la Luna ci ha regalato il tuttotondo”, disse Mezzatacca osservando il cielo: “Avevo già visto questo meraviglioso spettacolo, ma è sempre come se fosse la prima volta”.
“E’ stupenda, non l’avevo mai vista così luminosa”, si meravigliò Senzatacca che mai aveva visto la Luna piena.
“E’ la sua luce a dare occhi a chi non li ha, a trasformare il tetro vuoto del buio in un bellissimo gioco d’immagini incomplete alle quali la tua fantasia può dare pienezza. E quelle stelle, poi, sembrano quasi ancelle della regina a corte. Quanto vorrei essere come lei …”.
Le parole di Mezzatacca erano dolci e aggraziate, ma nascondevano una sottile invidia, coperta però da immensi strati d’ammirazione che rendevano quell’invidia meno peccaminosa, quasi un dono divino.
Duetacche, la candela che aveva il fuoco in sé più di qualunque altra candela, interruppe presto l’incanto.
“Perché non smettete di gettar via i vostri versi per una falsa regina? Non vedete che non è altro che un grosso cumulo di falsità e superbia che prende in giro i giovani cuori e ruba la luce a chi la porta davvero dentro?”
Poi si avvicinò alla più giovane delle tre candele e le disse col suo solito tono convinto e ardente d’inspiegabile rabbia: “Tu sei come lei, Senzatacca, tutti noi siamo come lei, anzi di più. Noi non inganniamo nessuno con la nostra fiamma e chiediamo solo una piccola scintilla alla pietra di zolfo per aiutare l’uomo a vedere dove cammina mentre sogna all’ombra della Luna. Diamo forma alle cose che, quando il Sole va a riposo, perdono angolo, linea e rotondità.”
La piccola candela ascoltò meravigliata e indietreggiò all’impetuosità delle parole del giovane amico: “Credi alla forza della tua fiamma, più sincera di quella Luna che un giorno è tonda e lucente e lascia un’aura che sfida ogni sguardo a non brillare e un altro, invece, scompare nel nulla senza lasciare traccia se non nel suo ricordo, proprio come un amore che illude un debole cuore e poi lo ferisce fuggendo.
Credi alla forza della tua fiamma, Senzatacca, più sincera di quella Luna che non fa altro che nascondersi dietro a quel buio che prima combatte e poi usa come rifugio”.
“E da chi si nasconde?” chiese la piccola Senzatacca.
Sorrise, Duetacche, e poi guardò il cielo gridando come se la Luna lo potesse sentire: “Da quei mille occhi che la osservano, la amano, la ammirano, quegli stessi occhi che un giorno scopriranno che è solo una ladra di luce e di sogni e muteranno in loro ogni sentimento d’amore odiandola per la sua superbia. Per questo quella tua amata Luna si nasconde: per vergogna”.
Così rispose Duetacche, a cercare di levare ogni stralcio di semplicità dalla piccola ingenua Senzatacca.
“La superbia è la tua, insolente candela che priva dei sogni chi ancora riesce a sognare e cerca di conquistare valore togliendolo a ciò che ha attorno” rintronò la voce del vecchio Mezzatacca.
Il buio cela o protegge, tutto dipende da chi nel buio dimora, così come la luce non svela e non nuoce, se non hai qualcosa da nascondere o qualcosa da cui fuggire.
“Fai silenzio, vecchio sognatore morente, che nei tuoi sogni si scioglierà la tua cera, fai parlare una buona volta chi sa di avere valore e vuole gridarlo al mondo”, spuntò dal nulla una vocina sghignazzante che d’un tratto si fece chiaro di chi fosse: era la pietra di zolfo.
Si avvicinò con aria quasi indifferente e si rivolse alle candele che stavano discutendo animosamente.
“Non ho potuto fare a meno di ascoltare i vostri discorsi e vi dirò che ammiro ogni parola che il mio impetuoso amico Duetacche ha sfornato dalla sua saggia bocca. Io sto sempre dalla parte dei vincenti. Una scintilla per dimostrare il tuo valore?”, si chinò cortese la pietra al cospetto della focosa candela.
Duetacche esitò per un attimo di fronte alla proposta.
“Allora?” domandò la pietra, “perché non dai un assaggio alla giovane Senzatacca del potere della tua fiamma?” e poi, con la furba retorica di chi sa di potere ottenere ciò che vuole continuò: “Perché tu sai qual è il suo potere, o devo supporre che lo hai già dimenticato?”
Volò alla finestra un piccolo passero nottambulo, osservò disinteressato il gioco di luce e ombre e pulitosi il becco sulle ante di ottone, decise di tornare al nido e rimandare all’alba la vita lasciando la notte a chi non sa cosa farsene del giorno.
“Come dimenticare l’immensità di un cielo se sei un uccello che vi passeggia ogni giorno? Offrimi una scintilla e darò anche a te una forma più chiara”, rispose con fierezza Duetacche.
E così fu: una scintilla, una fiamma, una luce e tutto attorno prese forma come per incanto.
Un grido d’onnipotenza uscì dalla bocca dell’adesso luccicante Duetacche: “E ora dimmi, Senzatacca, chi è il migliore, quella Luna che tanto sognavi o chi vedi al tuo cospetto?”
La candela che dalla Luna distolse lo sguardo, senza esitare rispose:
“Hai ragione, Duetacche, adesso che vedo la forza della tua luce, provo rabbia per aver creduto di essere nulla di fronte alla Luna”.
“Anche tu, se vuoi, puoi partecipare alla grande festa dell’onnipotenza, basta un tuo cenno ed io ti accontenterò”, invitò con modi cortesi la pietra di zolfo.
“E fuoco sia, gentile pietra” disse Senzatacca.
“E fuoco sia valorosa candela” disse la pietra accompagnando la sua scintilla con danze e risate.
E fu subito luce, una luce così intensa che nella stanza si presentò come un nuovo giorno.
“Chi guarderà più la Luna adesso?” disse Duetacche: “Guarda quanta luce con le nostre fiamme. Sei convinta adesso, scettica candela vecchia e stupida, di quanto immenso sia il nostro potere? Tu stai pure lì a farci da serva, Mezzatacca, e adora i tuoi due re dal basso del tuo scetticismo”.
Poi elevò al cielo una risata intensa che fu subito coperta dal martellante sogghigno della pietra di zolfo.
“Cosa intendi farmi capire con quel tuo ghigno?” chiese il tanto curioso quanto infastidito Duetacche: “Ridi di tanta onnipotenza scordandoti che questa illumina anche te? Piangi per la tua inutilità piuttosto, ti renderebbe più dignitosa”.
“Offendi pure” ribatté la pietra, “lo spettacolo al quale sto assistendo leva ogni dubbio su chi è inutile e chi non lo è. Ma guardatevi, candele ingorde di potere, ve ne state lì a credervi chissà chi mentre pian piano andate scomparendo tra le gocce della vostra incoscienza”.
Le due candele videro ai loro piedi un lago di cera coprire il piattino di ceramica che faceva da portacandele. Ebbero paura per la loro vita, paura per la loro dignità, paura per non aver dato all’esistenza il giusto valore, paura per la sopraggiunta consapevolezza di aver commesso un errore insanabile.
“Solo la Luna che avete tanto disprezzato può salvarvi. Sperate che vada via presto, che il vecchio contadino si svegli e si accorga di voi e con un soffio vi salvi la vita” disse la pietra scomparendo in uno di quegli angoli bui che ancora c’erano nonostante la luce delle candele e congedandosi con un “sempre a vostro servizio” che sapeva più di beffa che di cortesia.
E Mezzatacca? Lui aveva assistito quasi in silenzio a ogni insulto e a ogni errore, lasciando alle parole e ai fatti, unici attendibili maestri, il compito d’insegnare.
“Cosa avete fatto, povere illuse?” disse tristemente assorta nei pensieri di chi sa ma, ciononostante, deve silenziosamente guardare gli altri commettere errori: “Eccovi in ginocchio di fronte alla Luna, quella Luna che è proprio come voi e come voi è d’aiuto alla gente che sa guardarla. Stupidi che siete! Mentre cercavate di trovare voi stessi cercando una luce che non potevate avere, non vi siete accorti neanche un momento che quella stessa luce stava già spuntando da dietro le colline”.
Ma il pianto delle due candele era cessato ormai da un pezzo e con quel pianto era svanita anche la loro luce, lasciando solo una sottile linea di fumo a ricordare che non tutti gli sbagli sono maestri.
Passò qualche minuto e il vecchio si svegliò al canto del gallo, indossò i suoi pantaloni, la sua canottiera sporca del mosto del giorno prima e le scarpe infangate. Ringraziò il Signore per avergli donato un nuovo giorno e un nuovo Sole a illuminare la sua giornata, prese in mano il coltello da lavoro sporco di cera e uscì sbattendo la porta, facendo dondolare un foglio d’argilla dipinto a mano con su scritte le parole di un vecchia poetessa russa:
“La felicità è saper guardare il Mare senza volerlo attraversare,
saper guardare il Cielo senza volerlo esplorare, saper guardare la Luna senza volerla toccare”.
*****
Uno schiaffo risuonò per tutta la stanza e la piccola Eirhnh, che se ne stava nascosta in un angolo, cadde a terra in pianto.
“Stavi parlando con quelle candele? Sei stata tutta la notte a parlare con le candele mentre il nonno dormiva, non è così?”, le gridò la madre subito interrotta dal marito che cercò di calmarla e la invitò a uscire dalla stanza. Ma la donna finse di non sentire, afferrò Eirhnh per un braccio e la scosse come si scuotono i panni presi da polvere, come se volesse liberarla da uno sporco difficile da venir via.
“Parlerò io con lei, tu scendi ad aiutare tuo padre” insistette Robert strappandole la piccola dalle mani.
Quando la donna, tornata in sé, uscì dalla stanza, Robert guardò la figlia e chiese col suo solito tono quieto: “Allora, cosa dicevi di bello alle candele?”
Quella con voce tremante rispose: “Io niente, erano loro a parlare, io sono rimasta qui ad ascoltare, non ho detto nulla, lo giuro”.
L’uomo tese la sua grossa mano alla piccola impaurita e le disse: “Scendiamo, andiamo ad aiutare il nonno e a raccogliere un po’ della sua uva”.
Eirhnh si alzò, saltò in braccio al padre e insieme si avviarono verso la campagna passando per il lungo corridoio colmo delle rose rosse raccolte dai floridi giardini di Abhik.
Continua …
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Due mie lettrici di Salermo e Milano con il cartaceo del mio romanzo. La recensione di Miriam Ravasio illustrata da Alessandro Buffa
Spot e politica
Televisore schermo gigante 60 pollici a LED, audio in Dolby, tecnologia 3D, ultrapiatto, altissima risoluzione, sensore eco disponibile e … non ci fai il pulsante di spegnimento?
Cristo Iddio, chi diavolo l’ha avuta questa brillante idea? Ora che ho perso il telecomando che cazzo dovrei fare, sparargli?
A.Cascio – Alte tecnologie
E poi ci sono quelli del Partito Animalista Europeo che postano foto come queste, non sapendo se quella sia una finta pelliccia o meno e attaccano Grillo perchè si dice animalista e invece la moglie indossa una pelliccia e si sentenzia subito che sia costosa, che lui quindi abbia i soldi e che ci stia prendendo in giro tutti. E non si guardano politici che dopo un mese di lavoro vanno in pensione, si coprono premier che fanno gl’interessi delle banche, si copre un presidente della repubblica che si alza lo stipendio e un mafioso che dopo aver rovinato l’Italia è pronto a ricominciare.
E poi ci sono più di ottomila imbecilli che mettono “mi piace” e noi, che viviamo in un’Italia d’imbecilli e crediamo che il marcio sia in alto.
A.Cascio
“Facebook e Twitter sono stati progettati dai capi, dai politici, dai potenti per tenerci a bada, svuotare le piazze e far credere al popolo che con un click si stia facendo la rivoluzione.”
A.Cascio
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Touch and splat, il fumetto, edizioni ESC/Il Foglio con la prefazione del maestro del cinema Ernesto Gastaldi (sceneggiatore di C’era una volta in America e Pizza Connection) ora anche su: