La valigie del centro

On 30/03/2013 by alecascio

Quando conobbi Kathrine Von Swartzser pensai a quel vecchio ubriacone di mio padre che prima di schiantarsi con il suo SD1 monoposto, mi disse: “Ale, a una donna prima di sposartela devi guardarle dentro”.
Seguii il suo consiglio, andai a casa di Katherine e … piscina, dodici stanze, TV a Led 90 pollici, terrazzo con vista panoramica e Jacuzi: dentro aveva tutto quello che desideravo e me ne innamorai perdutamente.
A.Cascio – Da: Love Fitness

Sono uno scrittore, sono fatto di vizi e parole.
Farei prima a convincere il resto del mondo a ingrassare dieci chili, che a mettermi a dieta per perderli.
Sono seduto sul mio culo grasso appoggiato alla mia pancia che scrivo:
“A lavoro mi hanno chiesto di fare lo straordinario. Così mi sono messo a fare le capriole con una candela accesa in bocca suonando le maracas.”
Credo che questo sia il modo migliore per iniziare il mio nuovo romanzo, anche se non ho la più pallida idea di come continuarlo.
Da ore penso ai ragazzi del centro Vado al Massimo che hanno quindici anni in media. Anch’io qualche tempo fa avevo la loro età, poi ho dovuto smettere di bere.
Un tizio dai modi garbati ieri mi ha fermato al ristorante dopo avermi riconosciuto e mi ha detto che ultimamente ha letto le mie cose. Le mie cose. Non è il modo adatto di parlare a uno scrittore, purché non abbia scritto un saggio sulle mestruazioni. Abbiamo parlato di letteratura, cibo ed erotismo e di un mollusco capoverdiano che se lo mangi te lo fa drizzare. Io non li sopporto gli uomini che parlano di cibo afrodisiaco, la prima cosa che penso è: amico, se hai bisogno delle ostriche per scoparti una donna, hai un problema. Sul finale mi ha parlato di un centro per giovani attori che secondo lui avrei dovuto visitare, per portare in scena un po’ della mia esperienza e del mio disordine mentale, che male, ha detto, non può fare. Il disordine è un ordine non convenzionale, ma lo penso, chiudo bocca e vado avanti. Alcuni dei miei “scritti”, così vanno chiamati, li ho portati ieri al centro tirato su con nulla da un eclettico eccentrico bizzarro e dissennato che ha preso un edificio confiscato alla Mafia e ci ha fatto un laboratorio teatrale, non per togliere i ragazzi dalla strada, che è il miglior cantiere per attori e cantastorie, ma per rimandarceli con una mappa tra le mani cosicché potessero capire che ogni via porta a un’altra via e non c’è posto più giusto in cui dirigersi se non il posto in cui sogni d’andare.
Gloria la chiamano “La Diva”, è abbracciata a un tizio ben pettinato che se ne sta in un angolo per non disturbare il suo spazio creativo. A vederla in faccia e a guardarla negli occhi si capisce perché a lei vanno i ruoli di maggior risalto. Dicono che la bellezza nell’arte è poco o niente, ma se Esmeralda, Jasmine e Anna Karenina fossero state obese e strabiche, non sarebbero state inseguite da amanti e principi, e questi non sarebbero stati perseguiti da malvagi e malfattori e così non ci sarebbe stata alcuna favolosa storia a sorprenderci. Nessuno scrittore butterebbe giù alcuna trama se non fosse ispirato dall’avvenenza delle sue eroine, e l’eroina è tutto, per tossici e amanti del buon teatro.  Se Anna Pavlova non avesse avuto il viso di un angelo e il corpo seducente della Dea Astarte, la sua “intensa e drammatica interpretazione tremula” del cigno sarebbe stata accolta con uno tsunami d’insulti.
Basta con le storie, se vuoi stare davanti e vuoi che tutto ti giri intorno, devi essere bella come una pennellata di Dalì. Chi sa bene che è “intorno” che la storia nasce, darà maggior risalto perfino ai figuranti, gli stolti si limiteranno a osservare il palco fino a dove poserà il piede Gloria: godranno comunque di una buona recita.
Fatima è il ripieno, la farcitura, le sue performance danno sapore e a ogni scelta degli eroi una sana giustificazione. Gloria ha un canto pulito, un movimento spontaneo e un’espressività sognante, Fatima le corre dietro con la grinta, gli occhi lucenti e in gamba di chi vuol fare strada e non teme di perdersi. Canta, parla, recita coi tempi di una star ed io le guardo entrambi ammaliato come mai m’era riuscito di fare tra gli attori con i quali ho lavorato, tutta gente di scuola ma che probabilmente aveva fatto sega.
Per me che scrivo usando i protagonisti come specchio per rappresentare l’affascinante mondo dei contorni, Fatima è importante: è Giovanni Ribisi, la Steve Buscemi del centro artistico.
Cristian è uno di quelli nati col viso d’attore, ha colori e lineamenti singolari e lo sguardo penetrante di chi vuole rubare qualcosa alla vita degli altri per farla propria e usarla per ammaliare il pubblico. Mi recita un pezzo del suo “sultano” con una tale disinvoltura che quasi penso che faccia solo quello nella vita: dovresti essere in giro a strafarti di tutto, ragazzo, dovresti fare marchette allo zoo di Berlino. I giovani è questo che fanno per telegiornali e opinionisti.
E invece non è quello che vedo al centro Vado al Massimo, non vedo la superficialità e la malata incoscienza che ci ha disegnato per anni Lucignolo, non vedo violenza, insana competizione, nessuna parola è sprecata, tutto è canalizzato verso l’orizzonte dove presto sorgerà il loro prossimo spettacolo.
Il centro è una delle case confiscate ai Fardazza, famiglia malavitosa di spicco che ha decimato decine di vite e palate di voglia di vivere nel mio paese, un grosso villaggio apatico all’estremità marittima del triangolo mafioso.
Giuseppe Tamburello è artista da sempre, da quando ero un piccolo nessuno in cerca di un nome e un cognome. Per ottenere il suo laboratorio teatrale ha dovuto lottare parecchio contro l’agguerrita concorrenza della mafiosa TV antimafia, che ha usato contro di lui la forza dei media per screditarlo agli occhi dei compaesani, dicendogli di essere amico di mafiosi, un nullafacente dedito al niente, raccomandato e senza speranza che occupa un appartamento gradito a chi non vorrebbe pagare l’affitto. Fuma Lucky Strike, compone musica, dirige spettacoli, lavora ogni materiale a sua disposizione per creare fantastiche scenografie, dipinge e muovendosi goffamente tra le sue opere rinchiuse in uno stanzino, mi recita con una valigia di cartone un piccolo prologo simpatico che c’ho ancora in testa.
“Sono un prologo, non guardate i nostri vestiti, signori e signore, ma ciò che abbiamo dentro, guardate invece la nostra arte, non, per favore, i nostri vestiti”.
Con la follia di cinque Charlot e la malinconia di cinque Pierrot racconta di come abbia provato a raccogliere fondi per i suoi ragazzi, senza mai imporre prezzi, ma proponendo offerte.
“La gente, Alessandro, quando mettemmo in scena il nostro musical, entrava senza lasciare neanche un centesimo. C’erano centinaia di persone ad applaudire, ma quel giorno raccolsi quattro euro e cinquanta appena. Persi dei soldi, non fui in grado di pagare i ragazzi che per fortuna mia e loro, non sono qui per i soldi ma per amore”.
Io gli ho fatto avere trenta euro di libri, non è tanto è vero. Soldi non gliene ho portato perché sono al verde, sono in rosso, a secco, comunque sia il mio portafogli è fermo al semaforo e non se ne parla di ripartire. Il mio commercialista mi ha detto d’investire i miei risparmi per farli raddoppiare. Così ho preso la macchina e … vrooooom! Che idea stramba. Niente, ora sono più povero di prima. A proposito, ce l’avete venti euro da prestare?
L’amore mi sbalordisce sempre. L’amore che c’è nella piccola Carlotta di pochi anni e qualche mese, nella ragazzina coi capelli neri che dice di aver letto quattro libri e chiede i miei crudi e cinici racconti aspettandosi favole, l’amore negli occhi di Pietro, che avrebbe voluto interpretare il buono nel prossimo Alladdin che presto andrà in scena, ma invece a lui è toccato Jafar.
I buoni sono spesso tali perché altro non potrebbero essere, ma non lo dico a Pietro perché sarei di pessimo esempio. I buoni sono deboli e vincono per benevole vicissitudini e coincidenze inaspettate, sono stupidi che non si preservano spinti da smielati sentimenti e trionfano con l’anima pulita perché altri, alle spalle, hanno sporcato la propria cosicché il buono rimanesse puro.
Jack Nicholson di Shining, Heat Ladger e il suo Joker, Anthony Hopkins e Hannibal Lecter, Alex De Large di Arancia Meccanica: nessun buono intero al mondo può affascinare più di mezzo cattivo.
Questo non è un racconto, non è un pezzo giornalistico, non è altro che una descrizione di chi cerca di salvarsi e di salvare il salvabile in una società sterile, la relazione attenta di chi ha dovuto viaggiare per inseguire i propri sogni lasciando amici, amori, famiglia e luoghi cari per sbarcare il lunario. Da piccolo non avevo altro che porte d’uscita di fronte e credo che se avessi avuto almeno una porta d’entrata l’avrei aperta. Forse è vero, l’esperienza è un caro bagaglio pieno di aggeggi esotici e fotografie di forestieri, l’esperienza non è mai fatta di familiarità e consuetudine, ma per viaggiare bisogna avere almeno una valigia capiente perché se no ti perdi per strada ciò che hai raccolto e quando torni a casa torni con niente.
Il centro Vado al Massimo ti dona le valigie, le dona a voi, i vostri cari, i vostri figli, li coccola, forgia, è l’unico esempio sincero in una società di burberi, alcol e pallottole come quella di Partinico.
Passate da lì quando volete, vi accoglieranno con visi semplici e meravigliati perché l’interesse per loro è raro, ma andate, guardate e se potete, donate quel poco, anche un niente è pur sempre un gesto e se non riceverete un grazie sincero che mi venga un cancro al piede che mi lasci camminare zoppo per il resto dei miei giorni.

- E la vita, fratello mio?
- La vita per quelli come me è attesa, Tango.

- Non pensarci. Come dice Dan, un mio caro amico sordomuto: “Abaadabaaadabaa!”

- E che cazzo vorrebbe dire?

- Non lo so, ma credo sia qualcosa di saggio perchè ha sempre l’espressione piuttosto seria quando lo ripete.

Sì, questo è il modo giusto di continuare questo benedetto romanzo. L’arte porta all’arte e prima o poi l’ispirazione arriva se le vai incontro con le valigie piene.

Alessandro Cascio

Il centro Vado al Massimo si trova a Partinico (Pa), in Via Enrico Fermi 35.
Chiunque voglia parlare di loro, chiunque voglia parlare con loro, INFO: 340 4156069
Tutti i Martedi e Venerdì ore 15:00, le prove del nuovo musical.


In questo articolo ho parlato di:

Gloria Cammarata, Noemi Fatima Graziano, Cristian Sciara, Giuseppe Tamburello, Carlotta Tamburello, La bimba coi capelli neri, Pietro Patti e indirettamente di Francesco Bilello.

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