Rodeo Drive, Da: Tutta la maledetta verità su Escobar

On 23/08/2012 by alecascio


Chiedo all’irlandese quando una situazione cessi di essere presente per divenire finalmente passato.
“Quando la dimentichiamo”, risponde, “o quando non ha più alcuna influenza sulle nostre esistenze”.
Prende una banconota dalla mia tasca sinistra e paga il conto. Sono così sbronzo che potrebbe spogliarmi nudo e vendere i miei vestiti al barbone seduto dietro di me.
“Tu” dice, “sei un garzone senza passato, tu vivi in un unico grande presente dilatato”.
La Shoa, la crocifissione, l’11 Settembre: i giorni della memoria non ci renderanno mai la giustizia dovuta e mai ci torneranno la tranquillità smarrita.
Alcuni miserabili momenti della nostra vita sono come dei bambini tristi attaccati alla gonna di una madre in partenza: le manine tirano, la gonna si allunga e nonostante la donna si allontani, il contatto li fa sembrare ancora uniti, questa almeno è l’apparenza.
“Per liberarsi del passato” sostiene l’irlandese che fa trottolare con abilità il suo bicchiere riuscendo a non versare l’acqua sporca che c’è dentro, “ci vuole qualcosa che ci faccia desiderare il futuro”.
Un vecchio mal vestito con passo barcamenante si siede al tavolo e afferra la soffice stoffa della sua adolescenza, poi chiede a una giovane cameriera di seguirlo a casa sua.
“Perché mai dovrei, vecchio?” risponde la ragazza con la cortesia di un cosacco.
La seguo con lo sguardo e lascio la sua vittima ai pensieri di suicidio che l’hanno accompagnato fin qui e che da qui lo guideranno verso casa, per poi abbandonarlo solo in un letto come dopo una scopata da night club.
L’uomo con la giacca che ha appena ordinato tre Campari ha in viso una maschera di gomma attaccatagli da qualche luminare del camuffamento che ha saputo mimetizzare il passato in un brillante e tiratissimo presente. Ne passano di attori qui da noi, di produttori, manager o impostori e sono tutti belli in modo uguale, come i manichini a Rodeo Drive.
La cameriera tira su col naso una striscia di qualcosa dal dito di quello che potrebbe essere suo padre e ride come una cicciona appena dimagrita al suo primo complimento.
“E lui?” urlo senza controllo, come fossimo tutti allo stesso bancone per la stessa bevuta, ma invece ogni bicchierata ha origini e mete differenti: “Lui è vecchio e ha un piede nella fossa come quel barbone che hai rifiutato”.
Alzo la mano in segno di riguardo verso il derelitto che ho appena insultato con l’intento di difenderlo.
“Questo è un pezzo grosso della Paramount, idiota di un alcolizzato” risponde il cosacco che calcherebbe scene più importanti di quelle di un pub d’autostoppisti se non avesse quell’aria preoccupata di chi teme di annegare la sua vita nella fragile speranza di un domani migliore.
Mi volto verso l’irlandese e faccio così con le mani, il gesto di chi non ha accettato ancora il fatto che i vestiti degli emarginati di South Central si rompono con facilità e restano nelle mani piccole e forti del passato per sempre. Qui ognuno cerca le sete pregiate dei ricconi a Malibu, che scivolano via verso il futuro come fossero pezze saponate.
E tu, Catarina, sei stata la miglior sarta che io abbia conosciuto.

A.Cascio – Da: Tutta la maledetta verità su Escobar, Episodio 2

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