Gesù di Borgo Pira

On 05/05/2014 by alecascio

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Da piccolo costruivo capanne sugli alberi. Non che non amassi le comodità della mia stanzetta, ma già da allora volevo sapere cosa si provasse a guardare la gente dall’alto. Puoi capire molto dall’alto, dai capelli per esempio.
La signora Lia usciva sempre coi capelli che sembravano appena fatti e questo voleva dire due cose: o quei capelli non le si scombinavano mai o usciva solo quando era bene apposto. Quindi lo sapevo solo io, che la vedevo dall’alto, che la signora Lia non aveva poi tanta stima di se stessa, che le importava eccome del giudizio della gente, altro che gran donna, era debole come mia madre ed era per questo che io la salutavo sempre con piacere. Gli altri invece …
Ma loro non sapevano ciò che so io.
E il marito, che si chiamava Alfonso, rideva con tutti come se fosse ubriaco o tutti fossero appena usciti da un corso di recitazione. Ma poi, quando gli interlocutori si voltavano un secondo, digrignava i denti e faceva col collo così, come se dovesse distendersi i nervi perché a ridere per finta gli era venuto un nodo alla nuca. Per questo io credevo che non era felice. Gli altri invece …
Ma loro non sapevano ciò che so io.
Dall’alto, nascosto, puoi vedere tutti sempre e giudicarli per quel che sono veramente, me l’avevano insegnato a religione, così quando il panettiere all’ora di pranzo usciva fuori dal negozio per godersi il riposo (che a quell’ora il pane si mangia e non si compra) lo vedevo che guardava il cielo e pensava. Cosa pensava non lo so quindi ogni tanto per comunicare gli apparivo, anche questo me l’avevano insegnato a religione.
“Panettiere”.
Si voltò e gridò: “Chi è”.
“Sono qui, in alto”.
“Alla finestra?”
“Ma no, più in alto scemo!”
“Nel terrazzo sei?”
“Ma no, che dici, più in alto ancora panettiere, sono così in alto che non potresti mai raggiungermi”.
E poi s’inginocchiò e disse: “Bambinello, scusa tanto, non avrei mai pensato di poterti parlare”.
Gli tirai una bacca e gli risposi: “La vuoi una bacca anche tu? Sono buone”.
Si chinò, raccolse il frutto e lo ingoiò sano. Poi mi disse che era buono, ma non ne sembrava tanto convinto.
“Io non lo compro il pane, per questo non abbiamo mai parlato. Secondo me il pane non si dovrebbe comprare. Che vuol dire che chi c’ha i soldi mangia e chi non ce li ha non può mangiare? Tu che dici?”
“Dico che è giusto” rispose il panettiere, “dico che hai ragione”.
Io non lo facevo così, a Carmine, mi dicevano che era sempre imbronciato, imbruttito, e invece con me parlava tanto e s’era anche emozionato.
“Però i soldi tu li fai col pane”.
“Sì, ma pochi, bambinello. Ci campo a malapena, giuro”.
“Però se tu il pane non lo facessi non lo potrebbero mangiare neanche i poveri”.
“Già, nessuno, neanche io lo potrei mangiare”.
“Lo sai, panettiere, io credo che abbiamo un problema col pane, un problema irrisolvibile”.
Poi Carmine si alzò, lo fece lentamente e mise in tasca di nascosto i soldi che aveva stretto in mano fino a un momento prima, come se non lo vedessi.
Risi tanto: “Guarda che ti vedo, scemo”.
Si inginocchiò ancora e se io ridevo, lui invece si mise a tremare.
“Glielo posso dare io il consiglio buono per questo problema del pane, bambinello?”
“E dammelo”.
“Posso fare più pane, i ricchi lo possono pagare e i poveri possono prenderlo gratis”.
Ah, io mica lo sapevo che Carmine era così furbo, tanto sono saltato di gioia all’idea del panettiere che quasi cadevo, fortuna che l’albero era fatto di rami oltre che di foglie e di fiori, perché non ce l’avrebbe fatta una foglia a reggermi, tanto meno un fiore, perché la bellezza sarà anche piacevole, ma non ti salva la vita. I rami sono brutti, ma sapeste che fortuna che non siano bei fiori …
“Si, fai così, è una bella idea!”
E non ci credereste, ma l’indomani c’era pane dappertutto e non è che Carmine facesse più fatica di prima, semplicemente quello che prima buttava lo dava alla povera gente.
Il signor Bosini invece alla povera gente non dava nulla, così un giorno lo chiamai e gli dissi: “Signore, perché lei la sua frutta non la dà alla povera gente?”
E si mise in ginocchio anche lui.
“Perché è la mia frutta e va pagata, bambinello”.
“Ma non è la tua, mica è vero, scemo”.
Gli tirai una bacca o quello che era: “Vedi, questa sta negli alberi ed è gratis, qui con me ne ho in abbondanza sai”.
“Scusi tanto, bambinello, è che a volte qui in basso ci scordiamo dell’alto e ci perdiamo”.
L’indomani verdura per tutti, chi la poteva pagare se la pagava, chi non poteva qualcosa se la portava a casa lo stesso.
E poi un giorno mi sentii chiamare: “Hey”
“Che vuoi?”
La bambina scema del vicino di mia nonna s’era fatta la casa uguale alla mia.
“Io posso vederti”.
“E allora?”
“Nulla, ora siamo amici”.
“Noi non siamo amici per niente, se tutti quelli che fanno case sugli alberi fossero amici di qualcuno, smetterebbero di fare case sugli alberi. Si sta in alto perché in basso non è divertente”.
“Se non è divertente perché non fai altro che guardare in basso?”
“Sì ma sto in alto”.
“Però chi guarda in alto di solito sta in basso”.
“Solo perché più basso del basso non c’è nulla”.
Al fioraio gli dissi: “Hai visto il panettiere e il fruttivendolo, fioraio?”.
Tindaro, che vendeva fiori da quando suo nonno era ancora vivo, non fu così contento di sentirmi, scuoté la testa ma s’inginocchiò ugualmente.
“Ho visto, bambinello e so anche che lei ultimamente si sta interessando a questo posto più che al resto del mondo”.
“Sono nato qui, scemo!”
“E’ nato a Borgo Pira?”
“Lo sanno tutti, sono nato di Mercoledì”.
“Ma non è nato a Betlemme?”
“Mica esiste, dov’è?”
“In Palestina, dove stanno gli altri arabi”.
“Ma ce lo vedi tu un arabo biondino e bianco come me? Io sono nato a Borgo Pira e sono cresciuto qui, a Borgo Pira, ma voi non c’avete fatto caso fino a quando non sono salito in alto”.
“E’ il nostro peccato più grande, lo so e chiediamo perdono ogni giorno. Farò come il panettiere, se lei vuole!”
E poi Maria la scema s’intromise: “No, secondo me è sbagliato”.
“Chi è?” chiese Tindaro.
“Sono Maria”.
“Maria di Nazareth?”
“Ma che vai dicendo, sono anche io di Borgo Pira”.
“Già, se il bambinello è nato a Borgo Pira, di dove potrebbe essere lei!”
Tirai una bacca a Maria la scema e la colpii a un occhio, ma lei pur di non darmi soddisfazione non disse neanche “ai”. Piuttosto continuò con la sua idea.
“Lei lavora per quei fiori, quindi la gente li deve pagare”.
“Sì, Maria, è quello che sostengo anche io” disse Tindaro.
“Che lavoro si fa coi fiori? I fiori sono di tutti!” urlai.
Tindaro alzò l’indice e sommesso com’era stato fino a quel momento disse: “Il concime, la potatura, bisogna allevarli e parlare con loro a volte, lo sa?”
Il panettiere, che ascoltava, si mise in ginocchio ma dalla parte di Maria la scema e disse: “Anche col pane si parla. Beh, non proprio, a meno che non hai passato sei ore da solo a infornare, ma è come parlarci. Impastare, modellare, è duro”.
“Ma infatti” rispose Maria, “secondo me lo devono pagare anche i poveri!”
Il signor Bosini neanche si mise in ginocchio: “Io ai poveri ho dato la verdura marcia!” disse.
Quella volta pensai di cadere, fortuna che c’erano i rami, mi tenni in bilico e ne afferrai uno all’ultimo momento, quando grazie a un fiore vidi che si trovava proprio di fronte a me. Forse a qualcosa i fiori servono.
“Brava Maria la scema, grazie a te domani i poveri non mangiano”.
“Se fossi scema la gente non ascolterebbe me, ma te. Quindi sei tu lo scemo!”
“Lo hai fatto solo per farti ascoltare, io invece lo facevo per i poveri!”
E ci provai a parlare con tutti, i giorni a venire, ma nulla, s’erano scordati di me e per loro esisteva solo l’albero di Maria la scema.
Oggi vivo in una grande città, New York, e sto in alto. La mia non è una casa sull’albero. Da piccolo non credevo che si potesse finire così in alto, al centotrentunesimo piano, posso quasi toccare gli aerei. E mi ascoltano ancora quando dico una cosa, gli trema a tutti la voce.
“Signor Direttore” mi dice Lauren, “c’è quel tizio dell’acciaieria che vuole …”.
Certo, non mi chiamano Bambinello come una volta, ma è pur sempre meglio di stare in basso.
“Abbiamo acquisito la sua azienda, abbiamo firmato le carte, cosa vuole ancora?”
“Gli impiegati, signore, vuole che lei assuma i suoi impiegati. Dice che è povera gente”.
Ma se aiutassi la povera gente non mi ascolterebbe più nessuno e finirei come da piccolo a Borgo Pira, che dovetti scendere dal mio albero e vivere una vita diversa grazie a Maria la scema: studiare, andare al militare, partire, lavorare, fare carriera, lasciare mia madre, mio padre, gli amici e mia moglie per sempre.
“Chiudi la porta, Lauren e dì al portiere di non farlo più entrare! Chiudi la porta.”
E chiude bisbigliandomi nella sua lingua che sono scemo.

A. Cascio – Gesù di Borgo Pira

Alessandro Cascio è nato a Palermo nel 1977. Ha studiato sceneggiatura cinematografica presso la BC Network di Roma con docenti come Mario Monicelli, Francesca Marciano, Gino Capone, Suso Cecchi D’Amico e Daniele Costantini. Ha studiato fumetto presso la Scuola Internazionale Comics studiando con docenti come David Messina disegnatore di Star Trek e Giampiero Wallnofer. Lavora da anni con UT Magazine (Ediland Edizioni) presentato ogni anno al Salone del libro di Torino e collabora con artisti del calibro di Ascanio Celestini, Salvatore Borsellino, Maria Lenti e Francesco Scarabicchi, Valerio Evangelisti, Sacha Naspini, Gordiano Lupi. Ha pubblicato i romanzi: Touch and splat (con la prefazione del maestro del cinema Ernesto Gastaldi, sceneggiatore del film C’era una volta in America), Noi sotto il sole di Santiago (prefazione del giornalista Rai Vincenzo Mollica), Splatter Baby (Il Foglio Edizioni) e Tango (Il Foglio, Collana Demian). Uno dei capitoli del suo romanzo ‘Ditemi tutto sui baci’ è stato pubblicato nel 2008 nella raccolta Il cagnolino rise (Nicola Pesce Editore, con gli interventi di Lawrence Ferlinghetti e Fernanda Pivano). Altri suoi racconti si trovano nella raccolta Cronache d’inizio millennio (Historica Edizioni, presenti anche Barbara Garlaschelli, Danilo Arona, Maurizio De Giovanni e Gianluca Morozzi), Pater Noster – Il Decaloco (EIF), Demian Estate (Il Foglio) e Autori per Magma presentato al teatro madre di Napoli. Ha scritto per più di 60 riviste letterarie. Appena usciti: Touch and splat (Il fumetto per la ESC, 103 pag.), Tutta la maledetta verità su Escobar (Collana economica I Foglietti), in uscita con Love Fitness – Corso speciale per gente incapace di amare (con l’attrice genovese Fiorenza Pieri nella parte di Lucy Keys) e un saggio sul grunge dal titolo “Grunge – Il sudicio suono di Seattle”. Ha lavorato nel cinema per Pasquale Valente, attore e autore cinematografico. 

 

 

 

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Touch and splat, il fumetto, edizioni ESC/Il Foglio con la prefazione del maestro del cinema Ernesto Gastaldi (sceneggiatore di C’era una volta in America e Pizza Connection) ora anche su:

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