The Corridor e Greta e Vanessa: il momento più basso dell’anima italiana

On 22/01/2015 by alecascio

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Venessa e Greta. Da quel che leggo, la decisione del web ma anche delle TV e dei giornali è questa: dovevano lasciarle morire, se la sono cercata.
Dovevano lasciare morire due giovani italiane quindi.
E noi ci crediamo meglio di loro?
Ricordatevi che voi, a 19 anni, non organizzavate cortei per i bambini della Siria, non sposavate punti di vista di paesi in guerra che noi da secoli occupiamo e sottomettiamo per affari, non partecipavate a missioni umanitarie. Noi, a 19 anni andavamo in discoteca e facevamo sega a scuola.
E la cosa peggiore è che ci crediamo davvero meglio di loro.
Vanessa: studentessa di mediazione linguistica, ha organizzato il progetto per portare medicine in Siria e tenere corsi di formazione di primo soccorso. Un anno fa ha organizzato una manifestazione per i bambini siriani.
Greta: studentessa di scienze infermieristiche fa parte dell’ organizzazione internazionale di soccorso, prima della Siria, ha svolto esperienza di cooperazione in Zambia, in India e a Calcutta.
Soli 41 anni in due.
Matteo Salvini: <<E’ una vergogna>>.
Sei tu, Salvini, siete voi la vergogna di questo paese.
Vergogna, padri di figli che vi imiteranno o vi imitano già. Inutili come le scarpe senza suole, comunicatori senza conoscenze, senza fonti, senza pudore e senza empatia. Piccoli, insignificanti figli di un’Italia impoverita nel cuore, nelle tasche, nel cervello e nell’orgoglio. Siete virus da annientare come i politici che criticate ma per i quali non c’è ancora medicina: come i fondamentalisti e gli accattoni, siete. Non dovreste portare con voi un solo globulo di sangue italiano.
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Dovreste chiedere scusa. Non tutti, chi ha parlato a sproposito di stronzette e di riscatti, di chi ha pensato che sarebbe arrivata una nuova crisi finanziaria se fossero rimaste vive. Agli idioti che, a volte, solo a volte, ci fanno vergognare di essere italiani, ci fanno venir voglia di lasciare tutto e ottenere un’altra cittadinanza. E io ci penso spesso, ho cambiato paese spesso ma sono ancora qui perché l’italiano è la mia lingua e da scrittore la lingua è la tua sola arma. Si possono amare le parole a tal punto, sì. Chiedete scusa o palesatevi ancora per quello che siete, così sapremo chi dobbiamo rispettare e chi no. Chiedete scusa perché il mondo, attraverso foto e slogan, ci dà del ritardato.
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Scusa devono chiedere i politici, Salvini e Gasparri in primis.
Vi spiego cosa è successo.
“Catena umana” è un profilo di satira, come Il Lercio. Qualche giorno fa ha messo in giro una bufala: “Vanessa e Greta ai PM di Roma: sesso con i terroristi, ma non siamo state violentate”.
Una battuta.
Tutti, compreso Gasparri, vicepresidente del senato ed ex Ministro delle Comunicazioni (ripeto ex Ministro delle Comunicazioni) ci hanno creduto e oltre a parlare dei 12 milioni di riscatto (che non sono mai stati pagati secondo la fonte ufficiale) hanno cominciato a trattare le due ragazze come puttane.
Ripeto ancora: ex Ministro delle Comunicazioni di professione giornalista.
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La biglia

di Alessandro Cascio
Tratto da romanzo: The corridor

Lanciò una biglia di vetro che rimbalzò sul muro di fronte e mi finì tra le gambe.
“Ho fatto centro, soldato?” disse. Io non risposi.
“Su soldato, dobbiamo pur ammazzare qualcosa, allora ammazziamo il tempo”.
Lanciai la biglia che si fermò sull’unica porta d’uscita.
“Adesso mi chiederai di prenderla, non è così?” rise e la sua risata aveva qualcosa di disperato, come se fosse libero ma avesse paura di quella libertà, aveva dentro la paura dei martiri e la strafottenza degli eroi: “E’ così che vi addestrano i vostri governi? Ti credi furbo?”
“No, pensavo che tu fossi più stupido della media”.
Quando sentii lo sdrucciolo del pavimento scoppiettare mi affacciai quel tanto per non mostrare il cranio e vidi il suo culo gettarsi di fretta nella stanza in cui si era rintanato.
“Ebbene hai ragione, sono stupido, ma se non hai saputo approfittare della mia stupidità per ammazzarmi, dubito che tu sia più sveglio di me, soldato”.
Non smetteva mai un attimo di parlare. Io non mostravo paure con sorrisi, non mostravo gioia con pianto, rimanevo immobile, freddo, com’ero dentro ero fuori.
“Su, giochiamo, soldato. Se ti lancio la mia biglia me la rilancerai a sua volta?”
“Non gioco con i terroristi, non dovrei neanche parlarci”.
“Terroristi. Noi. Sai, soldato, non ho mai capito e ancora non riesco a capire in cosa di preciso vi immaginate migliori di noi. Io ho rischiato la mia vita per una biglia, tutto questo è stupido o forse poetico, ma credi che tu stia mettendo in pericolo la tua vita per qualcosa di maggior valore? Siete così sottomessi ai vostri governi che ogni atto di rivoluzione per voi è terrorismo. Se foste credenti quanto noi, spargereste le nostre terre di acido per il vostro profeta, ma lo fareste in silenzio, con i vostri servizi segreti, con le vostre democrazie invisibili, mostrandovi belli e incravattati di fronte le telecamere, puliti, ordinati, impassibili. Il fatto che noi gridiamo, soldato, che siamo brutti e sporchi, magri e sudati non ci rende più cattivi di voi. Il vostro profeta è il denaro e chi ha cercato di togliervelo è stato ucciso allo stesso modo, crudele, sanguinario, in cui noi uccidiamo voi. E’ che il vostro omicidio lo chiamate abbattimento e le vostre stragi le chiamate operazioni mirate, le spie le chiamate agenti segreti, gli assassini eroi di guerra. Avete lo stesso identico passato di omicidi di stato, violenza e incomprensione che ci attribuite, ma non volete farvene carico perché i vostri civili sono sempre stati tenuti buoni di fronte a uno schermo. i morti son morti, i familiari zittiti e voi tenuti lontani dal sangue e intrattenuti da comici e cabarettisti.”
Compresi solo allora che era europeo come me, che aveva vissuto nel nostro paese tanto da comprenderci fino al midollo e ci comprese perfettamente, per questo ci odiava tanto. Ma ogni uomo ha un motivo per essere odiato e uno per essere amato. Lui, per esempio, era arguto e ironico, in un bar avremmo spartito una birra, ne sono certo.
“Siete la gente più violenta e rissosa che abbia mai conosciuto. Vi siete massacrati a Bruxelles per un incontro di calcio e poi ancora in Cile e …”, finalmente fece la prima risata fresca della giornata, sincera come le parole che lanciava addosso a me e alla mia gente come frecce acuminate: “Ci hai mai visto immischiati in un traffico di droga? Crack, eroina, anfetamine. Non è uccidere quello? ”
Gli lanciai un sasso e lui di contro mi tirò la sua biglia che si fermò a pochi metri da me.
“La mia era molto più lontana da dove mi trovo eppure l’ho presa. Gioca con me, soldato, imparerai lentamente, metro per metro, a rischiare la tua vita per qualcosa finalmente. Perché se sei qui per la libertà, per i soldi, sei qui per nulla e quella biglia sarà l’unico motivo per uccidermi”.
Mi misi sui piedi a ginocchia piegate, allungai la mano, afferrai la biglia di vetro e schivai il colpo che finì lontano da me troppi metri per essere reale.
“Non preoccuparti” rise “era solo un coccio di bottiglia. Il primo giro te l’ho regalato, ma al secondo mirerò meglio”.
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Lo sparo di Aasim mi ha dato la sveglia passandomi ad un centimetro dal mio stivale sinistro.
“Italiano” mi ha detto, “stai dormendo?”
“Non chiuderò i miei occhi fin quando non avrò visto i tuoi spalancarsi per sempre”.
“Ma tu mi chiuderai le palpebre, non è così? Io con te lo farò se tu vorrai”.
“Non lo farai Aasim”.
“Non ne avrò bisogno, ti si chiuderanno da soli quando ti staccherò la testa, sai, per via dei muscoli del collo, te ne ho già parlato”.
Prendo la foto della piccola Kaleem dalla tasca dei miei pantaloni, quando ancora era pura e spensierata per non scordarmi perché non mi sono ancora scagliato contro di lui a fucili spianati. Poi penso che forse spensierata non lo è stata mai, per questo merita che io esca da questo dannato corridoio vivo.
Dormivo, ha ragione, non so per quanto sono stato ad occhi chiusi, giusto il tempo di un sogno, l’unico che ricordi da un mese a questa parte.
Alle 6.45 ora locale, Michael Gordon, comandante del 1° Battaglione Paracadutisti della 82^ divisione aviotrasportata di Fort Bragg, sorvola con un elicottero Chinook la desertica Ground Zero. Si è fermato proprio sullo spiano in cui sorgeranno le nuove torri. Alza un bel po’ di polvere che diventa una nube accecante e al tempo stesso un sipario per un inaspettato spettacolo a cui la folla accorsa spera di assistere.
Appeso a una fune viene calato un uomo, sulla cinquantina o forse più, magro, lunga barba, in dosso ha un verde Thawb strappato in più punti che spinto dal vento delle pale mostra quel filo d’uomo che c’è sotto. L’elicottero lascia Ground Zero alle 6.58 ora locale e il terriccio che riempie l’aria si posa ridando all’ambiente la primordiale visuale.
L’uomo è adesso immobile a testa china e guarda verso la folla che si avvicina. Ci sono molti cittadini americani e turisti di ogni luogo: spagnoli, pakistani, inglesi, italiani, francesi, indiani e chissà quante altre lingue ancora parla Manhattan a quell’ora.
Uno dei muratori ch’era già pronto a tornare a casa per cena, grida “E’ Aseef Ikraam”.
“E’ Aseef Ikraam”.
Qualcuno domanda come sia possibile, qualcun altro chiede senza troppe aspettative al diretto interessato che fa un cenno con la testa: pare abbia risposto di sì.
Si china a pregare.
La gente accalcatasi, alle 7.11 ora locale è dieci volte quella di uno stadio, pochi riescono a vedere cosa stia succedendo.
C’è un musulmano in terra che prega.
I militari hanno scaricato un uomo a Ground Zero.
Perchè mai?
Non chiederlo a me, qualcuno più avanti forse sa.
Ma nessuno dà risposte certe: ipotizza, tira a indovinare.
Aspettandosi una sorta di pubblica lapidazione, l’uomo in ginocchio mette le mani sopra la testa e continua a pregare, grida sermoni per non sentire i mormorii della gente che non sembra avere nulla da dirgli. Alcuni hanno lasciato la zona già dopo pochi minuti, i più tardivi aspettano che apra il Fooddy Tower, il fast food a due piani sulla Howard Street.
Alle 7.35 ora locale, Ground Zero non è mai stata così vuota. I tassisti continuano a sfuggire al traffico, i venditori di Hot Dog continuano a sostenere che uno ogni tanto fa bene all’anima, gli accattoni continuano a chiedere spiccioli, gli italiani a comprare iPhone e telecamere.
Akreem guarda con la coda nell’occhio un vuoto che neanche nel deserto aveva mai temuto tanto. E’ ancora chino: sui piedi non saprebbe che fare, la gente come lui è abituata a stare sulle ginocchia.
Rimane per mezz’ora nell’indifferenza dei miscredenti, poi s’alza e va via.
“Italiano” grida Aasim, “facciamo un gioco?”
Mi arriva la sua merda a schizzi sulla mezza porta rimasta dopo la tempesta di pallottole che mi ha lanciato addosso.
“Cosa cazzo stai facendo, Aasim”
“Scusa” risponde, “non avevo palle di neve”.
La piccola Kaleem, chissà se lei l’ha mai vista la neve. Se solo i musulmani amassero i loro figli come noi amiamo i nostri, questa casa sarebbe ancora abitata dalla famiglia Charbonne e quel piccolo dondolo in legno avrebbe un aspetto meno tetro.
“Ho un motivo più grande, io, per ucciderti. Dovresti uscire e lasciarti decapitare senza tutta questa sceneggiata”.
“Cosa c’è di più grande della vita di una bambina, Aasim?”
“Il Profeta, amico mio, la sua dignità vale tutte le vite di questo pianeta”.
Se togliessimo la parola a religiosi, stupidi, psicotici, politici e venditori, una gradevole pace governerebbe il mondo e lì, nei deserti del silenzio germoglierebbero, radi ma incantevoli, i fiori della ragione. Il corridoio che ci separa darà torto alla follia o alla coscienza. Io, Aasim, lotto per lei, qualcosa che esiste, cammina, parla, mangia, corre e sorride e questo per me, vale tutte le vite di questo pianeta, dovesse restare da sola a viverlo.
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