The Corridor

On 03/03/2015 by alecascio

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Lo sparo di Aasim mi diede la sveglia passandomi ad un centimetro dallo stivale.
“Italiano” mi disse, “stai dormendo?”
“Non chiuderò i miei occhi fin quando non avrò visto i tuoi spalancarsi per sempre”.
Presi la foto della piccola Kaleem dalla tasca dei miei pantaloni, quando ancora era pura e spensierata per non scordarmi perché non mi fossi ancora scagliato contro di lui a fucili spianati. Poi pensai che forse spensierata non lo era stata mai, per questo meritava che io uscissi da quel dannato corridoio vivo.
“Italiano” gridò Aasim, “facciamo un gioco?”
Mi arrivò la sua merda a schizzi sulla mezza porta rimasta dopo la tempesta di pallottole che mi aveva lanciato addosso.
“Cosa cazzo stai facendo?”
“Scusa” rispose, “non avevo palle di neve, non nevica molto da queste parti ultimamente”.
La piccola Kaleem, chissà se lei l’aveva mai vista la neve. Se solo i musulmani amassero i loro figli come noi amiamo i nostri, quella casa sarebbe stata ancora abitata e quel piccolo dondolo in legno avrebbe avuto un aspetto meno tetro.
“Ho un motivo più grande, io, per ucciderti. Dovresti uscire e farla finita”.
“Cosa c’è di più grande della vita di una bambina, Aasim?”
“Il Profeta, amico mio, la sua dignità vale tutte le vite di questo pianeta”.
Se togliessimo la parola a religiosi, stupidi, psicotici, politici e venditori, una gradevole pace governerebbe il mondo e lì, nei deserti del silenzio germoglierebbero, radi ma incantevoli, i fiori della ragione.
Il corridoio che ci separava avrebbe dato torto alla follia o alla coscienza. Io lottavo per qualcosa che esisteva, camminava, parlava, mangiava, correva e sorrideva e quello per me valeva tutte le vite di questo pianeta, fosse rimasta da sola a viverlo.
Lanciò una biglia di vetro che rimbalzò sul muro di fronte e mi finì tra le gambe.
“Ho fatto centro, soldato?” disse Aasim. Non risposi.
“Su soldato, dobbiamo pur ammazzare qualcosa, ammazziamo il tempo, no?”
Lanciai la biglia che si fermò sull’unica porta d’uscita.
“Adesso mi chiederai di prenderla, non è così?” rise e la sua risata aveva qualcosa di disperato, come se fosse libero ma avesse paura di quella libertà. Aveva dentro la paura dei martiri e la strafottenza degli eroi: “Ti credi furbo?”
“No, è solo che pensavo che tu fossi più stupido della media”.
Quando sentii lo sdrucciolio del pavimento mi affacciai quel tanto per non mostrare il cranio e vidi il suo culo gettarsi di fretta nella stanza in cui si era rintanato.
“Ebbene hai ragione, sono stupido, ma se non hai saputo approfittare della mia stupidità per ammazzarmi, dubito che tu sia più sveglio di me, soldato”.
Non smetteva mai un attimo di parlare e io rimanevo immobile, freddo, com’ero dentro ero fuori.
“Su, giochiamo, soldato. Se ti lancio la mia biglia me la rilancerai a sua volta?”
“Non gioco con i terroristi, non dovrei neanche parlarci”.
“Terroristi. Noi. Sai, soldato, non ho mai capito e ancora non riesco a capire in cosa di preciso vi immaginate migliori di noi. Io ho rischiato la mia vita per una biglia, tutto questo è stupido o forse poetico, ma credi che tu stia mettendo in pericolo la tua vita per qualcosa di maggior valore? Siete così sottomessi ai vostri governi che ogni atto di rivoluzione per voi è terrorismo. Se foste credenti quanto noi, spargereste le nostre terre di acido per il vostro profeta, ma lo fareste in silenzio, con i vostri servizi segreti, con le vostre democrazie invisibili, mostrandovi belli e incravattati di fronte le telecamere, puliti, ordinati, impassibili. Il fatto che noi gridiamo, soldato, che siamo brutti e sporchi, magri e sudati non ci rende più cattivi di voi. Il vostro profeta è il denaro e chi ha cercato di togliervelo è stato ucciso allo stesso modo, crudele, sanguinario, in cui noi uccidiamo voi. ”
Compresi solo allora che aveva vissuto nel nostro paese tanto da comprenderci fino al midollo e ci comprese perfettamente, per questo ci odiava tanto. Ma ogni uomo ha un motivo per essere odiato e uno per essere amato. Lui, per esempio, era arguto e ironico, in un bar avremmo spartito una birra, ne sono certo.
“Io solo posso far liberare quella bambina che ti sta a cuore, ma devo uscire vivo da qui”
E io, quindi, avrei dovuto morire come un cane lasciando che il figlio che neanche conoscevo, crescesse senza un padre
Lanciò un’altra biglia che superò l’uscio e disse: “Adesso tu. Se la biglia finirà più vicina a te che a me, tu perderai e darai la tua vita”
Non avevamo altra scelta, il rombo dei droni si faceva sempre più vicino e presto non sarebbe rimasto che una voragine in quel piccolo quartiere disabitato nel deserto. Solo lasciandolo vivo sarei riuscito a far liberare la piccola Kaleem.
Mi lanciò la sua biglia che si fermò a pochi metri da me.
“La mia era molto più lontana da dove mi trovo eppure l’ho presa. Gioca con me, soldato, imparerai lentamente, metro
per metro, a rischiare la tua vita per qualcosa, finalmente “.
Mi misi sui piedi a ginocchia piegate, allungai la mano, afferrai la biglia e schivai il colpo che finì lontano da me troppi metri per essere reale.
“Non preoccuparti” rise “era solo un coccio di bottiglia. Il primo giro te l’ho regalato, ma al secondo mirerò meglio”.
Il gioco andò avanti per mezz’ora almeno, fino a quando il tintinnio della biglia, diventato quasi una musica dolce in confronto ai motori tonanti dei grandi mietitori comandati a distanza, si concluse in un suono sordo.
Entrai in quella casa ch’era ancora assettata e pulita. Mi sistemai alla finestra senza dire una parola, posizionai il mio mitragliatore sul trepiedi e chiesi un sorso d’acqua alla donna rimasta impalata a guardarmi.
“Non vi farò nulla” dissi, “datemi un sorso d’acqua”.
Uscì dalla cucina una bambina con in braccio il suo orsetto col giubbetto blu. Si avvicinò e m’indicò la finestra. C’era una bottiglia, mi disse di prenderla. Me ne stetti di guardia per ore, la mia radio era fuori uso, ma forse non ne avevo più bisogno, il quartiere era sgombero, ma chissà perché il cuore mi suggerì di rimanere. Un attimo appena e le strade sarebbero state bombardate e prese d’assedio dai talebani.
Kaleem mi lanciò una delle sue biglie per destarmi dai pensieri: come avrei fatto ad uscire? Stavano arrivando, mi faceva cenno che avrei dovuto nascondermi nella stanza del cavallo a dondolo. Adagiò il suo orsetto nel corridoio e sorrise: disse che avrebbe fatto lui da guardia, che me lo avrebbe lasciato.
Sentii delle urla, le solite spaventose urla che sapevo avrei ricordato per sempre. La donna e la piccola furono prese e portate via e dalla stanza di fronte una raffica di pallottole mi fece capire di non essere solo.
Ed eccolo lì, l’orsetto che doveva pararmi il culo, con una biglia tra le gambe a lasciare che perdessi la sfida con Aasim.
Rise, lui, di gusto. Si trovava in quella stanza da prima che entrassi in casa, ma non m’aveva ucciso per chissà quale motivo: “Allah vuole che tu perda”.
“E’ stato un caso” risposi.
“Allah non si offenderà se lo chiamerai con un altro nome”.
Se al liceo mi fossi trovato di fronte a un quesito del genere, non avrei mai passato l’esame. Uscire e lasciarsi ammazzare. Lasciare mio figlio senza un genitore ma dare la possibilità a Kaleem di vivere. Lasciare che mi piovessero grossi petardi sulla testa ma portare con me al creatore quel viscido bastardo di Aasim. La A, la B o la C?
“La vita della bambina per la tua, amico mio. Allah ha lasciato lì l’orsetto perché io facessi il suo volere”.
Se solo l’avesse tenuto. Piccola Kaleem, grazie comunque.
“Allah è una bambina di sei anni che gioca con i peluches. Dillo ai tuoi amici terroristi quando chiederai loro di rilasciarlo”.
Mi mostrai. Per la prima volta lo vidi, era meno peggio di quel che credevo. Mi chiese di lasciare la pistola. La feci cadere sui miei stivali e allargai le braccia.
“Tuo figlio crescerà credendo che suo padre sia stato un imbecille invasato. Ti odierà per questo”.
“Almeno mi odierà per una giusta ragione”.
Non sparò, voleva godersi il momento.
“Dirai ai tuoi amici di lasciare libera Kaleem?” chiesi.
“Ma lei è libera, soldato. L’hanno portata via per salvarla, non per ucciderla. Ci hai preso per bestie?”
M’ero giocato tutto, non c’era pallottola che potesse annientarmi l’anima più di quelle parole.
“Conosco due sole persone capaci di rischiare la vita per una bambina: il padre di lei e uno sconosciuto soldato europeo”.
“Conosci suo padre? Sai dov’è?” domandai e avvicinai la pistola lasciando che lui si perdesse in chiacchiere com’era solito fare.
“Non proprio” rispose, “tra le guerre, il duro lavoro, la famiglia e di nuovo le guerre, non ho avuto tempo di conoscermi abbastanza. E’ comunque qui di fronte a te.”
S’era nascosto, ma non mi aveva colpito perché quelle mura in cemento armato da lui stesso issate erano come pareti di gomma su cui le pallottole rimbalzavano come fossero biglie di vetro. E la bambina, la sua bambina, mi era rimasta sempre troppo vicina per poter sparare senza rischiare di colpirla.
Sentii le pareti tremare, le bestie nere erano quasi arrivate. Aasim mise la pistola nella fondina, mi diede le spalle e guardò in alto, fuori dall’uscio che ci eravamo contesi con tanto tenacia.
Calpestai la mia pistola e feci un passo verso di lui, due, tre, fino a ritrovarmi spalla a spalla con il mio peggior nemico.
“Dovremmo andare via, italiano, non so quanti chilometri in un’ora percorrono i vostri giocattoli, ma dovremmo correre almeno quanto loro per raggiungere la seconda battaglia. E stavolta non ti lascerò vivo, puoi scommetterci”.
E corremmo assieme per qualche metro prima che le nostre strade si dividessero per sempre.

Alessandro Cascio – The Corridor
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In vendita da domani come racconto inserto di UT Magazine

Presentazione Venerdi 27 ore 18:00 presso Vicolocorto di San Benedetto del Tronto, Via Spinozzi.
OSPITE D’ONORE IL CANTAUTORE TEDESCO/IRLANDESE
ED SCHMIDT
Sito ufficiale: http://edmondschmidt.com

Con: Teresa Annibali, Theocharis Bikiropoulos, Alessandro Cascio,
Daniele De Angelis, Tommaso Di Dio, Victoria Esposito, Enrica Loggi,
Alceo Lucidi, Mariagrazia Maiorino, Americo Marconi, Bianca Maria Massi,
Michaela Menestrina, Alessandra Morelli, Michele Ortore, Giuseppe Piscopo,
Antonella Roncarolo, Dante Marcos Spurio, Maria Teresa Urbanelli, Consorti e Del Zompo.

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