E l’incendio rase al suolo il Metropolitan

On 09/05/2017 by alecascio

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Gabriele mi si presentò vestito solo della sua pelle e illuminato come un’abat-jour, spiegò le ali e mi disse: “Tu, prescelto, avrai il dono dell’immortalità”
“Fico” risposi, “e come facciamo per i soldi?”
Spense le luci, ritirò le penne e cambiò tono.
“Che soldi”
“Non puoi far vivere all’infinito uno che fa già fatica ad arrivare a fine mese, devi dargli anche qualcos’altro, l’immortalità e non so, il dono di tramutare i quaderni Pigna in banconote”
“Screanzato” urlò, ma c’aveva più la voce da cherubino che da arcangelo, quindi non gli venne bene come s’aspettava.
“Allora puoi tenertela, prescegli un altro”.
“E’ Dio ad averti scelto, non puoi …”
“Dì a Dio che io vivo praticamente solo quando c’ho i soldi in tasca e il resto del tempo lo passo ad attendere che arrivino. In un anno, per esempio, chiamerei vita solo due-tre mesi di vacanza, per non contare qualche ora di sesso, quelle in cui sono ubriaco, poi per un terzo dormo, quindi sono su per giù otto mesi, diciamo anche sette, di vita reale. Se poi togliamo le chat, i social network, se dovessi contare davvero la mia esistenza in anni avrei circa tredici anni su trentanove. Se però avessi avuto i soldi ne avrei almeno il doppio, avrei anche rinunciato a qualche ora di sonno o quel sonno, in un letto ad acqua in un hotel di Las Vegas, l’avrei aggiunto ai giorni di vita.”
[...]
Mise la mano destra nella sacra tasca del gonnellino bianco e tirò fuori delle monete:
“Ho queste, se vuoi”
“Dì un po’, non hai la vaga idea di quanto costi stare quaggiù, vero? Quelle non bastano e credo che nessuno le accetterebbe”.
“Puoi comprartici un nuovo materasso se col tuo dormi male”
Mi vestii e lo portai con me in giro, gli dissi di mettere il mantello e di seguirmi che tanto per le strade di New York di gente più strana di lui ce n’era a iosa.
“Hai fame?”
“Perchè no” rispose, così entrammo in un ristorante e ordinammo tutto a volontà. Antipasto, primo, secondo, contorno, dessert e caffè.
Quando il padrone, visto il conto, arrivò al tavolo per assicurarsi che avessimo mangiato bene, Gabriele gli rispose che mai locanda era stata da lui più apprezzata: “Grazie vivamente per la sua lieta ospitalità e per averci offerto una così buona cena”.
Il titolare fece una smorfia: “Viene 360 dollari!”
Dovette fulminare e tramutare in cenere tutti i presenti e il locale perchè gli feci notare che delle telecamere ci stavano riprendendo e che la polizia sarebbe arrivata di lì a poco e lui non poteva dare nell’occhio e rivelare la propria identità.
“E’ stato orrendo” balbettò, “non è la prima volta che lo faccio ma lo stesso non riesco ad abituarmici”.
“Che ti avevo detto? Hai riso, mangiato bene, chiacchierato, ma a pagamento. Sorvolando sui metodi da te usati dopo, quel che voglio dirti è che la vita non vale un cazzo senza denaro”.
“Non dire sciocchezze” ribattè, “qualcosa di buono ci sarà. Le donne per esempio.
“Justine” chiamai al telefono un’amica, “siete libere tu e Marie questa sera, diciamo subito? Ah, non preoccuparti, di quelli ne siamo pieni”
All’ultima frase non se lo fece dire due volte e si scaraventarono entrambe in strada per raggiungerci.
Un bel cinema, lo era senza dubbio prima che Gabriele lo polverizzasse assieme al suo proprietario e decisamente una splendida serata in discoteca, almeno prima del tetro teatro dell’orrore a cui fui costretto ad assistere.
“Ci avevano chiesto duecento dollari in alcol, è stato il Signore a darvi il dono delle vigne, i luppoli, il grano … e la musica, come si può pagare la musica?”.
“Avrebbe dovuto darci direttamente il dono del vino in bottiglia, del whisky e della vodka, avremmo risparmiato tutti”.
[...]
Dimenticavo, polverizzò anche Justine e Marie, lui sosteneva di averlo dovuto fare perchè lo avevano visto in faccia, ma io credo che il motivo stesse nel fatto che costassero troppo.
Prima che mettesse a ferro e fuoco la città, lo feci rientrare in casa e l’indomani si svegliò con me.
Mi alzai, mi diedi una ripulita e gli dissi se aveva voglia di andare a fare colazione da Starbucks, o almeno quello che prima era Starbucks e che adesso era divenuto un cumulo di polvere e torte bruciate.
Lo feci sedere in una panchino di un piccolo parco di Harlem e gli dissi di godere del panorama.
“Questo è gratis” sorrise.
“Sì, hai ragione, questo lo è. Paghiamo le tasse certo, ma lo è nell’immediato, quindi puoi godertelo”
“Te l’avevo detto io che qualcosa c’era” disse gioioso e poi si zittì per cinque minuti. Al sesto cominciò a farsi più inquieto.
Al decimo non riusciva a trovare una posizione decente.
“Cos’è, non ti piace?”
“Sì, certo, insomma, è gratis”
“Potremmo anche sederci e ammirare il fiume, basta attraversare la quinta strada e dirigersi…”
“No, no, qui credo che vada bene”
“E’ gratis anche quello, guardare è gratis”
Non appena cominciò a grattarsi la testa gli chiesi se non gli andasse di fare una bella passeggiata in centro.
Fu abbagliato dai negozi e da tutte quelle diavolerie in vendita.
“No, non puoi” lo tirai per il mantello quando si azzardò ad entrare in un negozio di statue da collezione, “guardare è gratis ho detto, solo guardare”.
[...]
S’illuminò quando ci trovammo tra l’ottava strada e Broadway.
“Un museo, ci sono dei miei quadri dentro, un sacco di gente mi ha dipinto nel corso dei secoli”.
“Non possiamo, si paga”
“Hai detto che guardare è …”
“Non tutto, non la TV, il cinema, i musei, le spogliarelliste, le commedie teatrali e i musical, alcuni parchi naturali, gli zoo e …”
“C’è la mia faccia in molti di quei quadri e quella di molti miei amici” digrignò i denti.
Il resto lo avete visto in TV centinaia di volte. Insomma, ora sapete com’è andata veramente la storia del grande incendio al Metropolitan Museum del 2024. Sono passati più di cento anni da allora, ma fortunatamente sono ancora qui per raccontarvelo giacchè io sono il prescelto. Infine ho accettato la proposta, non mi è stata data alcuna somma di denaro ma credetemi, il denaro non è tutto nella vita… non se avete il dono di lanciare fulmini col dito indice.

 

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