The beauty factory
“Tu sei..”
Mi guardò come un cieco un quadro, non vedendo la mia bellezza ne inventò una lì per lì.
“Sei bello, di un bello diverso, bello interiormente”
La guardai come i gatti guardano i funamboli sorci piroettare sugli statici fili elettrici tra un pilone e un altro per le strade speranzosi che un giorno ruzzolino per poterli, senza sforzo, mangiare.
“Grazie. Al cazzo”
La afferrai per il collo con dolcezza, la spinsi sulla piazza che era a dieci passi e una svolta a destra e le dissi:
“Guardati attorno, Cristo Dio, calze a rete disegnate su gambe lisce come cotenne di delfino, parigine su gonne corte, capelli colorati come ali di lepidotteri, seni, sederi, sguardi, scollature: sensuali. Nasi rifatti in day hospital al prezzo di un motorino e applicazioni nate apposta per accendere nell’altro il desiderio. E tu mi dici che sono bello interiormente come fosse un complimento, come se dovessi vantarmene con gli amici e raccontarlo ai miei discendenti, di quanto onore provai quella volta in cui una donna mi disse ch’ero uno splendido poema nello scaffale di un analfabeta. Vuoi che importi a qualcuno del tuo complimento del cazzo, vuoi che importi a me, soprattutto, che ne sono il disgraziato destinatario?”
Dovrebbero inventare una clinica per diventare belli, vitto e alloggio, camere miste come in qualunque ospedale e cominciare dalle basi fino ad arrivare al massimo possibile.
Un reparto acconciatura, una palestra, un reparto chirurgia, dietologia e moda, dialettica anche, ma facoltativo.
“Abbiamo gli esiti della visita, signore, lei è malato di bruttezza, non è grave ma dovremmo agire finchè siamo in tempo.”
“Lo sapevo, non trombavo da due mesi, pensavo fosse un caso, mi sono detto passerà, ma poi ho notato che nessuno mi notava e allora ho creduto bene di fare un controllo, me lo ha consigliato un banner su un portale porno, ma mai avrei …”
“Non si preoccupi, le ho già detto che è benigno, si fidi di me”
“Avevano detto la stessa cosa a un mio caro amico ma d’improvviso si è spento nella notte come il cervello di un adolescente appena entrato in discoteca. Lo hanno trovato sei giorni dopo nel suo appartamento, il tanfo di marcio arrivò fino al cinese di sotto, pensavamo fosse l’hui guo rou o gl’involtini, ma quasi una settimana dopo invece abbiamo scoperto ch’era Lucio a lasciarci in bocca quel sapore acre di soia inscatolata”
Hanno inventato una sorta di robot che legge i TG, in Giappone un uomo di scienza ha finalmente capito che i giornalisti che leggono le notizie sono inutili, ci hanno messo un secolo quasi, ma sono arrivati laddove io ero arrivato all’età di sei anni circa. Quand’è che qualcuno capirà che la bruttezza è ugualmente inutile e farà qualcosa di concreto per debellarla?
La clinica dovrebbe passarla la mutua, ne vale la dignità della nostra esistenza.
“Il tuo complimento, potessi renderlo solido e allungato e ficcartelo nel…”
Era andata via, la principessa ai raggi X, quella capace di guardarti dentro, di deformare la propria percezione di estetica con appena una dozzina di nozioni rubate da libri e dizionari e mischiate a un principio di depressione per riuscire a fantasticare in modo creativo sull’esistenza. Si era dileguata nella folla di Times Square.
Potessi ammalarti di bruttezza e morire lentamente in un letto di una clinica qualunque con ancora la flebo di Calvin Klein attaccata al braccio e la nuova tinta castano ramato già sbiadita sui tuoi capelli sfibrati. Potessero un giorno leccare i tuoi modi cortesi, penetrare la tua anima gentile, legare con una cravatta le tue idee ad un letto e raggiungere un amplesso intellettivo lasciandoti la sera da sola a masturbarti con il dito medio per andarsi a scopare una stupida modella di Deepa Gurnani.
A.Cascio – Beauty factory