Rinnegato

On 28/10/2018 by alecascio

La fate facile voi a dirci “alzati e vai a lavorare”, a darci quei due spicci per il pane e a guardarci come fossimo cani. Cani, che dico, darei una gamba dalla punta del dito grosso fino a dove la si può chiamar gamba per essere guardato dieci minuti come la gente oggi guarda i cani. Siamo sorci, siamo peggio anzi, la peste siamo. Alzati e vai a lavorare ci dite, senza sapere nulla di noi, del perché siamo qui a combattere la gravità, seduti ovunque ci sia da sedersi, quasi sempre alticci per non sentire il tempo che passa e ci romba nella testa come stesse passando un camion con rimorchio. Siamo qui perché qualcosa o qualcuno ci ha ammazzato la speranza, ce l’ha presa per il collo e l’ha strozzata come fosse una gallina, mica per mere motivazioni economiche. Lo sappiamo anche noi che c’abbiamo le gambe e le braccia, ma non possiamo muoverle, sono paralizzate dalla paura, dalla rassegnazione e dal fallimento. Se tu pensi che il tuo corpo reagisca agli stimoli semplicemente per un impulso ti sbagli, sai di scienza ma non sai di vita. Ti muovi perché sono gli altri a permettertelo, quelli che ti amano, quelli a cui manchi se non ci sei, chi magari non ti ama ma poi tanto c’è ugualmente. La tua fiducia in te stesso non è un tuo merito, ti piace pensarlo e pensalo pure se vuoi, ma sappi che è merito di chi ti sostiene, di chi ti accetta. Te l’hanno regalata come a noi l’hanno tolta, la fiducia. Sì anche a me che avevo trent’anni e il petto gonfio e poi a forza di pugni nello stomaco l’ho dovuto tirare dentro e adesso cammino curvo che sembra che cerchi qualcosa in terra. Provaci tu a vivere nel terrore, come noi, nella consapevolezza che anche con tutta la buona volontà di sto mondo non riusciremmo a rientrare in società comunque, perché col tempo ci siamo imbastarditi, sappiamo sempre di qualcos’altro che non sia noi e la nostra pelle, sappiamo di gas di scarico delle auto, del cibo fritto della rosticceria accanto la quale ci siamo accasciati con aria disgraziata per rimediare un panino e anche se ci metti a nuovo, ci lavi per bene, ci fai barba e capelli, ci metti in dosso una camicia duriamo quanto dura una triglia fuori dal frigo. La cosa che più ci fa rabbia è che di preciso non lo sappiamo dove abbiamo sbagliato, in quale particolare istante, a volte crediamo di saperlo altre pensiamo a quale azione avremmo dovuto evitare per innescare quella reazione a catena. Pretendere che torniamo indietro è come lanciare un sasso e aspettarsi che una volta a destinazione torni nella tua mano alla stessa velocità, seguendo la stessa traiettoria. Siamo morti e le tue monetine sono i fiori sulla nostra tomba, quelli che metti ai parenti lontani ogni tanto per zittire quella voce che ti dice “fai schifo, manco ai morti” e anche se non credi in Dio lo fai lo stesso perché ti è rimasta la strizza che la tua cultura ti ha inculcato da bambino, perché la fortuna non ti volti le spalle per le brutte azioni compiute. E adesso che lo sai a te tra dieci minuti non cambierà nulla, tornerai alla tua vita che ti darà il dafare necessario e viva il cielo. A me invece, sapessi quanto cambia essermi sfogato, aver tirato fuori la rabbia di un rinnegato e aver ballato sulla coscienza intatta di un alto membro della bella gente. Quindi va e ricorda di ringraziare gli altri per quel che “da solo” ti sei guadagnato.

A. Cascio

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