Coronavirus – L’evoluzione riduttiva – Intervista integrale al Dottor Scott James Parker
Montrose, Scotland, 23 Febbraio 2020
E’ un uomo elegante, sulla settantina, ha un viso rassicurante nonostante sia imbronciato ma è quel tipo di broncio che hanno di solito i nonni e che li rende quasi teneri.
Si siede con fatica.
“Mi scusi” dice, “l’età è il secondo peggior nemico dell’uomo”.
Quando gli chiedo quale sia il primo, sorride e m’indica il cielo grigio fuori dalla finestra.
Il Dottor Scott James Parker ha insegnato fisica quantistica ad Harvard per venticinque lunghi anni anche se la sua passione è sempre stata l’astronomia, dichiara di aver sempre creduto nella presenza di altri esseri viventi, ma come tutti, ha guardato il dito e non la Luna.
“Come tutti, perchè era la cosa più logica, poi ho compreso che la logica è una condizione umana, è labile, ciò che è logico per noi non lo è per alcuni dei più grandi meccanismi dell’universo”.
“Dice che l’equazioni matematiche non sono quindi un esempio perfetto di logica universale?”
“No, per niente” risponde, “perchè una logica cambia con la scoperta di una nuova equazione. La matematica o altre discipline che consideriamo perfette sono in realtà perfezionabili. Davamo per logica la visione atomica di Bohr fino a quando Ernest Rutherford non ce ne ha data una differente”.
“Ma i nostri avanzati macchinari adesso possono …”
“Non mi parli di macchinari avanzati, per Dio” m’interrompe, “anche la balista era considerata tale nell’antica Grecia e in un futuro prossimo le nostre armi verranno esposte nei musei come strumenti arcaici di una civiltà scomparsa.”
Scott James Parker è stato il primo a sostenere la teoria dell’evoluzione riduttiva pubblicando numerosi articoli su Scientific American, una delle più antiche e illustri riviste scientifiche, fondata nel 1845. Sostiene che i suoi articoli abbiano posto in evidenza una nuova logica e che per questo hanno suscitato interesse nella comunità.
“Ci dice lei di cosa parlano?” domando sperando che dia per scontata la mia conoscenza dell’argomento.
“Lei è sicuro che la gente voglia sapere?” sorride e di colpo da anziano imbronciato si tramuta quasi in un bambino divertito da quel mondo che dichiara di amare profondamente: la scienza.
“Abbiamo sempre sostenuto”, racconta, “che una civiltà evoluta tendesse ad espandersi, intendo materialmente, ma ci sono civiltà che hanno compreso come in realtà l’espansione sia d’intralcio per esseri che occupano uno spazio circoscritto da barriere invisibili, com’è per noi l’atmosfera, per farle un esempio. Abbiamo immaginato l’alieno su grosse astronavi tonde e tecnologicamente avanzate nonostante sia un paradosso fisico associare grandezza a velocità. Credo che lei sappia bene, come lo sa il pubblico, che più piccola è una particella più velocemente riesce a muoversi nello spazio. Il motivo per il quale non raggiungeremo mai enormi distanze è proprio quella ricerca della grandezza. In questo caso la logica deve mutare talmente che mi risulta difficile pensare che l’uomo non si estinguerà prima che essa inverta la rotta. Alcune civiltà lontane l’hanno invertita milioni, perfino miliardi di anni fa”.
“Lei sta praticamente dicendo, mi permetta di parlarne in modo più semplice, che gli alieni sono esseri microscopici capaci di viaggiare alla velocità della luce.”
“E sono anche molto intelligenti, se parliamo di logica, la loro forza sta nell’agire in gruppo, di aver perso la singolarità, ciò alla quale invece puntiamo noi esseri umani nonostante la tendenza ad associarci, ma è comunque una forzatura, tutti speriamo di emergere da singoli, di passare alla storia non come membri di qualsivoglia insieme, ma per la nostra unicità”.
“Questo c’entra con il COVID-19?”
“Molti Coronavirus sono a noi sconosciuti (o lo sono stati) fino alla loro scoperta semplicemente perchè non erano presenti nel nostro pianeta. La loro velocità di spostamento è ridotta rispetto a qualsiasi atomo perchè la grandezza in kilobasi è superiore, ma riescono a viaggiare da una galassia a un’altra in un tempo relativamente limitato, a rigor della nostra logica”.
“L’evoluzione riduttiva ha a che fare con i virus e in che modo?”
“Ai tempi dell’antica Roma un gladiatore poteva raggiungere un’altezza di un metro e settanta ed era considerato enorme e possente. L’altezza media di un uomo era di un metro e cinquanta circa. In meno di duemila anni ci siamo ingranditi di venti centimetri. Questo le dà spartanamente un’idea della capacità di mutazione presente in natura. Non ho mai detto, come ho prima spiegato a un suo collega, che gli esseri di altri pianeti fossero come noi e che si fossero rimpiccioliti, questa è pura fantascienza che può essere scritta se lo si desidera, ma non associata al mio nome. Ho sostenuto semplicemente che i coronavirus hanno un genoma simile al nostro e che la loro capacità di mutare è pari alla nostra, con le variabili legate alla grandezza ovviamente.”
“Niente esseri verdi con due gambe e due braccia che si sono tramutati in organismi microscopici, quindi”.
“Esatto, lei ha più buon senso del suo collega vedo”.
“E perchè mai verrebbero per ucciderci?”
Guarda uno dei suoi collaboratori e chiede un bicchier d’acqua, poi mi parla come se stesse spiegando la matematica elementare a uno scolaretto e mi chiede di non farlo pentire d’avermi definito persona di buon senso.
“Si chiedono forse le piante perchè vogliamo ucciderle? Se lo chiedono le galline, se lo chiedono gli alberi da legna? Forse sì, forse no. Il punto è che se si ha una visione centralista dell’uomo non si possono pienamente comprendere i miei articoli. Noi siamo il loro nutrimento, il materiale genetico di questi esseri è simile al nostro e trovano in noi una fonte di sostentamento, non ce l’hanno con noi come lei non ce l’ha con il pollo che ha mangiato a pranzo. Dobbiamo superare l’antropocentrismo per riconoscere di essere parte del tutto.”
I suoi collaboratori fanno cenno che il tempo sta quasi per scadere, quei passetti nervosi avanti e indietro per la stanza tendono a mettermi fretta, ma io riesco a ritagliarmi lo spazio per un’ultima domanda.
“Cosa dovremmo fare allora?”
“Siamo spacciati” urla, “siamo tutti fottutamente spacciati”. Ride di gusto con quella che lei chiama Hanna, una ragazza bionda, vestita come una girl in black e capace di cogliere l’ironia dei suoi abiti mentre intrattiene i giornalisti. Il dottor Parker mi dà una pacca sulla spalla.
“Posso? Ho lavato le mani, mi creda”.
Si alza a fatica, mi dice con la sua voce calda alla Borroughs che dobbiamo fare quello che abbiamo sempre fatto, ovvero difenderci con le armi, non quelle dei film di Hollywood ma le sole efficaci contro gli organismi alieni, le armi mediche, “le medical guns”.
“Non ne faranno mai un film, mi creda, la realtà non è mai stata meno cinematografica come questa volta”.
Poi si allontana per fare una pausa prima della prossima intervista.
AC – L’evoluzione riduttiva