In bloom – di A.Cascio e M.A.

On 14/08/2020 by alecascio

Cara Marta,
la tua lettera è arrivata stamattina, così mi ha detto il garzone della stazione, era la prima di un imballo da duecento lettere, ha letto il mio nome e l’ha messa da parte per non farmi pagare il dazio. Non so se lo ricordi, è il figlio di Miss Hammerland, era appena un bambino quando sei partita ma adesso è alto così e lavora duro come il padre, da lui ha ereditato il temperamento anche se ha preso gli occhi chiari e i capelli biondi dalla madre. Io ogni giorno mi sono recato allo sportello nella speranza che la busta arrivasse perchè ero ansioso di raccontarti quanto è accaduto quaggiù. Il negozio di candele sulla Barbery ha chiuso qualche mese fa, ricordo che ti piaceva tanto, così prima che il materiale finisse all’asta ho chiesto se potessi comprare qualche candela al gelsomino sottobanco. La vecchia signora me ne ha regalate ben dodici e una l’ho accesa appena poco fa per ricordarmi di te. La guerra non concede privilegi e tutti hanno cominciato ad acquistare semi di soia dai contadini per ricavarne cera, ammetto di aver contibuito al fallimento della signora Magdalene, ma adesso ho almeno imparato un nuovo mestiere e ho un buon passatempo per la sera. Un giorno inventeranno delle lettere instantanee, man mano che scriveremo sulla nostra lettera le parole saranno visibili al destinatario sulla propria e senza intermediari o lunghi periodi di attesa la gente potrà comunicare da ogni parte del mondo in un batter di ciglio. Sarebbe splendido, non è così? Le nostre parole sarebbero presente per entrambi, invece, dal canto mio, queste lo sono soltanto per me e chissà quante cose succederanno ancora da qui al giorno in cui le leggerai. Spero che la città sia più sicura, per i soldati di passaggio Riddletown è solo una stazione di ristoro, arrivano in marce stanca e arrancate, mangiano le nostre provviste, bevono la nostra birra e molti si rifiutano di pagare. Cosa puoi dire a degli uomini armati che ogni giorno uccidono senza ritegno? Dopo quel che è successo al signor Callen, adesso ci guardiamo bene dal contrastarli, hanno sete di sangue e di vittoria, dapprima ci trattano come se noi fossimo il nemico, poi ci urlano contro che stanno rischiando la vita anche per le nostre famiglie e pretendono le nostre già scarse provviste come anatema. Nessuno di noi ha voluto la guerra, molti non sanno neanche per cosa si stia combattendo, siamo contadini non politicanti. Le terre non soffrono i mali dell’uomo, le piante crescono e danno i loro frutti, dipendono solo dal cielo e le piogge sono arrivate copiose lo scorso mese. Io mi do da fare, come tutti, ma a volte mi chiedo se la vita sia tutta qui, alzarsi al mattino, spaccarsi la schiena per arrivare alla sera e l’indomani di nuovo, fino alla fine del nostro tempo. Sempre più spesso affiorano nella mia mente questi pensieri e non so come scacciarli, non so se siano un presagio, un messaggio o solo il riflesso dei tempi in cui viviamo. Mi domando spesso perchè a un certo punto si smetta di giocare e in quale esatto momento io abbia deciso che d’ora in avanti non lo avrei più fatto. Anche nel più lento processo evolutivo c’è un istante di totale rottura. Non stiamo male, da queste mie ultime parole potresti pensare che qui sia più duro di quanto non lo sia in realtà, ma sappi che i miei, i tuoi, godono tutti di buona salute, quel che volevo intendere è che da sola la buona salute non basta più e non credo di far torto al Signore se desidero più di quanto questi campi possano donarmi. Chissà cosa si scriverà la gente del futuro nelle loro lettere istantanee, se si diranno tutto e troppo in fretta e rimarranno di colpo senza parole compienti. Non lo sapremo mai e se lo sapremo, forse ci saremo già scordati del passato e non noteremo troppo le differenze. Fammi sapere di te, delle tue ultime avventure di città, di com’è il mondo lontano da qui e non temere per nessuno dei tuoi cari, fin quando le mie gambe reggeranno, io sarò sempre presente per loro come lo saresti tu se fossi ancora qui. Vivi la tua vita senza troppi pensieri, concentrati sui tuoi obiettivi senza guardarti indietro e riscatta la tua vita anche per noi, una tua vittoria sarebbe una vittoria per tutti, ma ricorda di essere anche felice e di non scordarti mai di giocare perchè il denaro, il successo e sì, anche la buona salute, da soli non fanno una vita, ci vuole almeno una scintilla per accendere un ammasso di legna accatastata.

Tuo,
Alessandro

P.s. Spero che le candele siano di tuo gradimento, so che in città avete la luce elettrica e mille negozi, ma ti aiuteranno a ricordare da dove provieni, sarà come averci lì con te

Caro Alessandro,
la gioia di ricevere la tua missiva è superata solo dall’impazienza che già provo nell’attendere la successiva. Quanto desidero che i tempi futuri di cui parli diventino presto presente, sarebbe come averti qui accanto, vicino come quel giorno che mi stringesti i palmi delle mani nel bosco, dopo il temporale che ci colse durante la nostra passeggiata a cavallo. Indugio spesso con nostalgia sul ricordo di quei tempi, così lontani da tutto l’abominio di cui vengo a conoscenza grazie alle tue righe. Mi addolora apprendere di come questa insensata guerra e coloro che la portano avanti senza scrupoli infestino le vostre vite. Qui in città arrivano scarse notizie, ed è difficile immaginare l’orrore di quanto accade laggiù. Sono sempre in pensiero per le vostre sorti e sempre cerco di essere messa al corrente su tutto ciò che possa riguardarle. Miss Hughes è sempre una deliziosa ospite, instancabilmente cerca di fornirmi sempre nuove distrazioni, continua a dirmi che sono come una figlia per lei e non passa giorno che non mi coinvolga nelle sue visite agli amici e vicini. Siamo state in un posto meraviglioso di recente, un luogo dove non si saprebbe dire se fosse più meravigliosa la terra od il mare. Ho visto molte creature che vivono la loro vita in un paesaggio incontaminato, così lontano dal chiasso della città, o dallo spirito distruttivo degli uomini. È stato difficile andar via da quel paradiso in terra sai, ma ho sepolto un pezzo di cuore in quelle terre, ripromettendomi di farvi ritorno prima o poi. Io e la mia compagna di avventure abbiamo parlato a lungo durante il viaggio di ritorno, continua a non capacitarsi del mio fermo desiderio di tornare in paese prima o poi, ma dovrà farsene una ragione molto presto. Ebbene si, i miei progetti qui sono quasi terminati, gli appunti sulle piante spontanee raccolti negli anni sono ora abbastanza da riempire dieci taccuini. Se solo avessi appreso prima delle infinite proprietà dell’iperico! Forse non avremmo dovuto piangere la dipartita dei nostri amici di giovinezza, all’epoca. Sono felice di sapere che la salute non manca a nessuno di voi, e rassicurata dall’idea che ci sia tu a vegliare sul benessere dei nostri cari. Ciononostante la paura che possa ridiffondersi un male funesto come quello che tristemente ricordiamo non mi abbandona. Il mio studio è stato instancabile, giorno dopo giorno, alimentato da questo timore.
Grazie per le candele, e che animo generoso quello della buona Mrs. Magdalene! Che gran dispiacere venire a conoscenza della chiusura di un posticino tanto grazioso.
Dici il vero, qui gli agi dovuti alla modernità non mancano, ma sai, non posso fare a meno di stupirmi da sola, a volte, a rimpiangere la bellezza della semplicità di tutto ciò che era la mia vita prima. So che non ti capaciti del mio desiderio di far ritorno, ma è sempre più difficile domare questo sentire. È come dici tu, non bastano la salute, il denaro, il successo per soddisfare spiriti come i nostri . Sono certa, aldilà di ogni tuo delizioso tentativo di dissuasione, che la scintilla di cui parli, per quanto riguarda il mio destino, si trovi laggiù. Mettere a disposizione le mie energie, le mie acquisite conoscenze, la mia stessa persona, nel tentativo di rendere migliore quel che sempre sarà casa. Vicino agli affetti, alla genuinità delle anime delle amate campagne. Per te è voltarsi indietro, per me è ricongiungersi a tutto ciò che è più importante.
Dal canto mio, quando la tua assenza si fa assedio, per ingannare la malinconia che sovente riempie di sospiri le notti, mi perdo a osservare questa stanca luna e le tante stelle, immaginando che tu faccia lo stesso in quel momento, nella speranza che il reciproco pensiero, almeno per quell’istante, sia vicendevole carezza.

Tua,
Marta

Cara Marta,
non aveva una bella cera ieri, il piccolo Thomas, quando mi è venuto in contro.
“Cosa c’è che non va, ragazzo” gli ho chiesto.
Mi ha allungato la tua lettera e un telegramma e con le labbra tremanti mi ha risposto che se tutti gli uomini forti andranno in guerra, non ci sarà più abbastanza cibo, le terre andranno in malora e…
“Chi ci difenderà dai soldati adesso?”
Ho subito capito che non mi aspettavano buone notizie, ma in quel frangente non sono riuscito a pensare a me, ho visto nei suoi occhi il terrore di un nuovo abbandono e gli ho accarezzato la chioma bionda come un padre a un figlio.
Gli ho detto che non andrò da nessuna parte, che non credo nelle guerre e che questa assurda diatriba tra regnanti viziati non vale la vita di una sola mosca.
“Ti verranno a prendere”
“E io mi nasconderò”
“Ti staneranno e ti fucileranno”
“Conosco questi posti meglio di loro, sarebbe come inseguire uno stambecco sulle montagne a piedi nudi”.
Mi ha abbracciato come nessuno faceva da…
Pensa, non ricordo da quanto tempo sei partita.
Ho compreso che dal suo abbraccio in avanti sarebbe iniziata la mia guerra e l’avrei condotta e terminata da solo per non mettere in pericolo nessuno dei miei cari. Ho passato un paio d’ore in solitudine, seduto sotto un albero d’ulivo e la libertà che avevo sempre dato per scontata mi è parsa insolitamente magnifica. Ho affondato la mano destra sulla terra e l’ho annusata pensando all’odore di cadavere del quale sapranno le terre aldilà di Dover. Ho saputo che nelle lande disabitate lasciano marcire i soldati al sole e alla pioggia e laddove i contadini sono vicini, quelli vengono bruciati per evitare il diffondersi delle malattie.
Non ho paura di morire, no, è solo che vorrei fare qualcosa di buono prima di lasciarvi, piantare un seme eterno che produca eternamente frutti, mettere una tacca sul mondo, di quelle che non vanno più via.
Morire con una pallottola in fronte e un bossolo ai piedi non era nei miei progetti.
Quando mi sono fatto forza per affrontare le lacrime di amici e familiari, mi sono incamminato verso Riddletown e ho trovato un nuovo manipolo di zoticoni armati a terrorizzare il nostro borgo.
Nella bottega di Ester un uomo in divisa stava facendo razzia del nostro pane nell’indifferenza di tutti.
“Devi avere un bel po’ di soldi per tutto quel pane” ho detto al soldato.
Ha per un attimo perso di vista il suo sacco e lanciato una pagnotta sul pavimento, poi mi si è rivolto come ci si rivolge a un caprone.
“Prendo solo quel che ci dovete, abbiamo fame e camminiamo da giorni”.
Mi ha esortato ad andare via o altrimenti avrei assaggiato anch’io il sapore della guerra.
“Cosa ti fa pensare che non ne conosca il sapore? Sa in prevalenza di pane e latte e tu ci stai privando di metà delle nostre vivande”.
Mi ha puntato la pistola in bocca, me l’ha spinta a fondo tanto da scheggiarmi un dente, quando ha distolto lo sguardo l’ho colpito talmente forte da fargli volare via l’elmetto e una volta in terra ho continuato a calciargli il viso con lo stivale ripetutamente fino a renderlo irriconoscibile.
Ester, nascosta dietro al bancone, continuava a urlarmi che ci avrebbero ammazzati tutti, che ero stato un pazzo e un incosciente, come se ci fossero pazzi coscienti o incoscienti privi di follia.
Ho chiesto ad Ester di non farne mai parola con nessuno, di sbarrare la porta d’ingresso e, dopo che fossi uscito, anche quella sul retro.
Ha annuito, più impaurita da me che dal codardo decorato che avevo sotto le suole.
L’ho legato mani e piedi e gli ho parlato da gentiluomo mentre lo trascinavo nel retrobottega e da lì a casa mia.
“Ti sto sollevando dal tuo incarico, non vedrai altri carcerieri oltre me d’ora in poi, non dovrai più camminare né rubare il cibo della brava gente, da adesso in poi sarai un uomo migliore”.
Sputava sangue, le sue parole erano incomprensibili, ma credo volesse ringraziarmi per il gesto.
Gli porto gli scarti del mio cibo, li divido equamente tra lui e Willy, li ha rifiutati per giorni ma alla fine ha deciso di ingoiare un tozzo di pane che gli avevo infilato in gola a forza.
“Ti fucileranno per questo”.
“Non credo che i tuoi compagni sentissero la tua mancanza, altrimenti non sarebbero andati via senza di te. Forse mi daranno una medaglia, per questo”.
Non parla da giorni, dorme e si dimena.
La corona ha avuto il suo soldato, come desiderava, non giudicarmi quindi, sto solo compiendo il mio dovere, ho solo scelto liberamente il mio nemico.
Ti chiedi forse con quale senno un uomo possa scrivere di tali atrocità a un’anima gentile, prendila come un’esortazione a prolungare il tuo lavoro, a cercare la pianta magica della bontà per ridare lustro a questo mondo.
Tornerai quando riceverai una lettera con un fiore di gelsomino, quel giorno non ci sarà bisogno di parole, vorrà dire che la terra come la ricordavi è rifiorita.
Hope, la matta, pochi giorni addietro mi ha urlato che i corvi odono la morte prima di chiunque altro. Si è posato un corvo sulla mia finestra eppure mi sento ancora pieno di vita..
Non ho ancora lavato via dalle mie mani il sangue del soldato, mi ricorda che per quanto si possa sognare una vita priva di peccato, la realtà ci priverà prima o poi di ogni fantasia infantile: il cielo è stato rischiarato da una spada e con una spada tornerà a risplendere.

Tuo,
Alessandro

AC e MA – In bloom

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