Mondo meccanico

On 01/10/2020 by alecascio
“Voglio un piccolo angolo di mondo in cui chiudermi e creare, scrivere perlopiù ma non soltanto. Voglio che la gente si dimentichi di me: parenti, amici, conoscenti, lo stato, così da poter vivere soltanto nei miei pensieri senza mai essere disturbato. Voglio degli alberi attorno, un cane, il mare a vista e prometto solennemente di non interagire mai con nessuno in nessuna maniera, di non esistere fino alla fine della mia esistenza, perchè la vita è bella se la inventi, perchè ogni cosa la seconda volta stanca, è la differenza tra un vecchio e un bambino, non la pelle raggrinzita, non le ginocchia scricchiolanti, ma la memoria pulita.
Voglio un aggeggio che mi regali una sordità parziale, che mi permetta di sentire solo i suoni della natura e via le voci fastidiose, via le urla, i pianti e le risate, voi sapete bene a chi rivolgervi per crearlo, sapete far tutto, voi, in cambio prometto di non far saltare in aria questa gente, prometto di lasciarla vivere come meglio crede.”
“Possiamo darti tutto, meno l’ultima cosa che hai richiesto”
“Per me è importante, non la più importante ma è comunque tra le mie priorità”
“A cosa ti serve la sordità parziale se sei già isolato dal mondo?”
“No, no, no … no, no…. no, ascolti, il mondo m’insegue ovunque vada, ce l’ho sempre addosso. Glielo dico io, potrebbe tornarmi utile e voi potreste farci comunque un sacco di soldi”.
Sembrava una trattativa da nulla in principio, poi il folle si presentò con quell’ultimo desiderio e li spiazzò tutti. Nessuno sarebbe uscito vivo da lì se non avessero trovato qualcosa all’ufficio brevetti.
“Una montagna” disse il negoziatore, “così alta che non ne avrà bisogno”.
“No, no, no … no, no…. no, gli aerei, ci sono gli aerei e mi ricorderebbero che l’umanità esiste. Se ne passasse uno al giorno forse non ci farei caso, ma se per mesi non sentissi il suono del mondo meccanico e mi ripiombasse addosso d’improvviso rischierei di perdere la mia concentrazione. Capisce cosa intendo, vero?”
“Io vivo per la strada, le mie cicale sono i passi della gente, l’unico vento che conosco arriva dai tram che fanno avanti e indietro per il corso, i miei uccellini sono Charlie Parker e Duke Ellington, me lo dica lei cosa intende”.
“La melodia del silenzio, intendo quella melodia che ho dentro e che non riesco a tirar fuori perchè voi tutti fate continuamente fracasso”.
“Forse la nostra melodia è diversa dalla sua, lei la considera rumore ma per noi è arte. Il motivetto del furgone dei gelati, lo scoppiettio del fuoco dei venditori di castagne, il rombo fiero di una 6 cilindri, le urla focose della nostra donna mentre stiamo scopandocela al piano di sopra di un qualunque piano di sotto in questa città, forse abbiamo solo gusti differenti ma non per questo siamo da condannare”.
“No, no, no … no, no…. no, ascolti bene quel che le dico. Hemigway non avrebbe mai scritto Addio alle armi, se avesse avuto lei come vicino”.
“Non lo avrebbe scritto neanche se non avesse sentito tutte quelle bombe cadergli a un metro dalle orecchie e le urla dei suoi commilitoni sotto il fuoco nemico. Di cosa vorrebbe scrivere lei, di gnomi e fate?”
Uno stormo di FW190 tedeschi annunciò il suo arrivo, sarebbero passati interminabili minuti prima che quell’orribile suono si fosse dissolto. Cercò di concentrarsi, di far parlare nuovamente il negoziatore, il personaggio più interessante dei due, quello che avrebbe saputo cosa dire anche in mezzo a quel trambusto.
“Perchè non risponde?” scrisse, “il suo backup, il 3-2-1 che le ronza sempre nella mente quando deve dirmi di no, è quello a tormentarla?”
“No, no, no… no, no… no, non ci sarebbe nulla a tormentarmi se non esistesse l’umanità, io da solo non ho alcun problema, è l’interazione con voi che mi porta a essere ciò che non sono”.
“E cosa non è? Un assassino? Un pilota di cacciabombardieri che ha sterminato migliaia di persone?”
“Vede, stanno incasinando tutto, i rumori del mondo meccanico stanno incasinando la mia storia. Lei non dovrebbe sapere…”
Il tetto del piccolo rifugio tremò, lui si inginocchiò, poi chinò la testa sul foglio in modo da creare un ulteriore riparo spirituale.
“Non posso non sapere, Billhard, io sono lei tanto quanto lei è me, non può cancellare la sua storia eliminando il mondo che la circonda, io ne sono la prova, sono il vero protagonista qui, sono il rumore e lei invece: che apporto sta dando? E’ un folle con una bomba tra le gambe pronto ad ammazzare innocenti, proprio com’è nella vita reale”.
“Non ammazzo più innocenti, non li ho più ammazzati d’allora”.
“Era una guerra, Billhard, dovevamo farlo, ma adesso è finita, ci sono rumori che la adesso deve conoscere”.
Le note di It don’t mean a thing fecero sollevare il foglio da terra e lui lo afferrò solo quando lo vide a mezz’aria.
“Lascialo volare, Billhard” urlò il negoziatore, “lasciaci godere almeno a noi”.
Rimase immobile mentre gli ostaggi, uno ad uno, si allontanarono da lui e lo lasciarono da solo nel negozio con quella musica insopportabile, una bomba e un rudimentale detonatore.
“Addio Billhard” disse il negoziatore.
Il foglio proseguì il suo percorso, attraversò la finestra e si posò sopra alcuni resti del rifugio e di una radio malconcia volati via lontani dalle fiamme.
Gli FW190 si allontanarono e liberarono i cieli, Billhard non li avrebbe mai più sentiti.
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