Lo sbaglio
Lo sbaglio
Dammi un po’ di pace, Catarina, versala in un bicchiere trasparente e lascialo mezzo vuoto fino all’orlo, che è come mi sento io da qualche giorno.
Sì, cerco qualcosa, per caso tu l’hai vista, Catarina? L’hai vista?
E voi, che ve ne state qui tutto il santo giorno a bere questa roba prodotta in Paradiso e smerciata all’Inferno, vi è capitato di guardarvi intorno e vederla?
Non so che faccia abbia a dire il vero, ma chiedere non costa nulla a meno che non chiediate il pane al panettiere, una corsa in taxi, un giro in giostra, un goccio al bancone, a una bella donna di sposarvi …
Già, che idiota, tutto ciò che di bello si può chiedere invero comporta una spesa. Se lei fosse ancora con me lo avrei saputo e invece è da giorni che m’imbarco in vascelli senza remi e aspetto che il vento mi porti chissà dove, ma quello è più disorientato di quanto lo sia io, lo sento fischiarmi nelle orecchie e dirmi “Ettore, cosa mai ti aspetti che faccia se non tiri su una vela almeno?”.
Sì, la vela, se lei fosse qui lo saprei di certo che il vento quand’è nudo non va a zonzo come un vagabondo, è una nobildonna viziata che ha bisogno di agghindarsi con titanici abiti di canapa e cotone, le piace darsi delle arie, al vento.
Lei signore, l’ha vista? E’ facile da riconoscere, va in giro china perché ha la testa piena di pensieri, porta strani vestiti perché non ha alcun gusto per la realtà, probabilmente, signore, parlerà da sola perché non vive granché della sua esistenza in società, è impossibile che vi sfugga un essere così solitario e abbandonato.
Se la vedete ditele che la sua bocca, le sue mani, i suoi occhi e le sue gambe la stanno cercando, lei ha il cuore, è vero, ma lo sapete meglio di me che se ami e non abbracci non hai amato, se hai un sogno e non gli corri incontro non hai mai sognato.
Signore, per favore, non andate, vi scriverà un poema se la trovate, o una commedia … volete forse un’avventura? Diventerete bello, impavido e brillante, con un suo tocco potete finalmente esserlo davvero.
Uh, bello forse no, magari con un po’ di … , no decisamente no .
Aspetti, dove va. Non intendevo darle dello stupido e neanche del codardo, è solo che nella sua fantasia avrebbe di certo un ruolo principale piuttosto che quello di comparsa per un misero monologo teatrale.
Ettore l’attore, signore, mi chiamano così da quando ero bambino. Ho vestito le anime di centodue scrittori da Monte Mario a Trastevere, un quarto d’ora a piedi di puro estro creativo e genialità.
Già, sono in tanti qui a Roma, ma quelli veri io li riconosco subito, ho naso io. Vedete? Lo tocchi pure, è il naso dell’attore questo, annusa i rancori, la collera ed è capace di scindere l’odore della rabbia ristagnante da quella libera e fluente. La prima puzza di palude, la seconda sa di bellezza.
Come che odore ha la bellezza, signore?
Se avesse vestito l’anima degli scrittori anche lei lo saprebbe bene che odore ha: si dia da fare, annusi una bella donna, entri in un Luna Park, non se la ricorda la cucina di sua nonna?
E chi lo sa dov’è finita, lo sapessi non starei qui a piangermi addosso. Resti, per favore, le racconto tutto e le offro un altro bicchiere di questo.
Catarina, faccene due e stavolta abbonda che ogni storia ha bisogno del fuoco per essere ben raccontata.
Lei si è mai venduto per danaro? Non parlo del suo corpo, senza offesa ma l’unico motivo per il quale una donna potrebbe darle del denaro per il suo corpo è per destinarlo alla ricerca scientifica. Parlo della sua anima, dei suoi valori, ha mai dato un prezzo ai suoi valori?
No, come immaginavo, date tutti la stessa risposta, ci sarà un paradiso affollato lassù, il cielo sembrerà Calcutta durante la mensa dei poveri.
Io e lei lavoravamo insieme, sa, e ci si divertiva parecchio a dire il vero, eravamo felici, ci sentivamo liberi. Ma mi creda, non saremo mai davvero liberi fin quando avremo bisogno di respirare, di mangiare e bere. Non saremo mai davvero liberi fin quando esisterà la gravità. L’unico modo per avvicinarsi al concetto di libertà è accettare le proprie dipendenze e io l’ho fatto.
E’ successo tutto d’un tratto. Stavo recitando in una piazza le parole che lei aveva scritto per me, c’erano degli alberi fiorenti, un pubblico d’una decina d’anime e dei signori distinti e senza collo che sbuffavano e facevano di no col busto.
Ed era una gran recita la mia, parlava di sogni e di felicità. Poi uno dei due signori s’avvicinò al palchetto e disse “no, la felicità non tira, va bene per i bambini e gli animali, ma i primi non pagano e i secondi non applaudono. Non ha qualcosa di più disillusorio e scoraggiante?”
Ah, vedesse che recita la mia, la migliore che avessi mai fatto, non ne ricordo un passo, neanche uno, ma ho ancora tanta di quell’animosità dentro me che non posso aver rappresentato che la più grande opera mai scritta. Lo sente, mi dia la mano, sente come il cuore vuole scapparmi via dal petto e mettersi a ballare? Due sole persone hanno il mio cuore, signore, la gente innamorata e i grandi artisti.
Lei è mai stato innamorato?
Che domande, certo che no.
Ah, sapesse, è come se tutti i sapori di tutti i dolci che ami si fossero riuniti in un unico biscotto soltanto.
E poi un giorno mi sono bloccato, di colpo nel mezzo di una recita le mie parole hanno cominciato a rimanermi in gola. Ho iniziato a balbettare, poi a sussurrare e d’improvviso è calato il silenzio, ero una chitarra senza corde, bello nel mio costume d’attore, ma senza alcun potenziale creativo. Tutte quelle voci nella mia testa, quei sussurri, quelle domande e litanie continue: le riempirei di tuoni e dei botti di San Silvestro, le mie orecchie, di tutto meno che di silenzio.
Fu il giorno che lei se ne andò.
Le dissi che nessuno avrebbe più pagato per la felicità, che bisogna ascoltarla la gente distinta, perché come dice la parola stessa, si è separata dalla massa, è emersa rispetto agli altri. Loro sanno ciò che è giusto per noi e per il nostro pubblico.
Accettai il denaro che i signori senza collo mi diedero e uscii sul palco, ricoperto solo delle luci della ribalta e di uno splendido costume da showman. Ma quando iniziai il monologo scoprii che non c’era più lei a suggerirmi le battute, compresi in quel momento di avere una pessima memoria e feci scena muta, ottimo se avessi indossato una bombetta e dei baffi finti e mi fossi trovato in una pellicola degli anni ’30, ma un inferno se ti trovi sul palco di uno studio televisivo con dei grandi occhi robot a scandagliare ogni centimetro delle tue viscere.
Sì, che domande, certo che ho provato a rimediare. Si chieda, amico mio, cosa sarebbe Dio senza Lucifero, cosa sarebbe l’amore se non ci fosse l’odio a ostacolarlo. Ameremmo tanto il sole se non ci fossero le nubi a oscurarlo? Lei ha la faccia di uno sveglio, forse non è bello alla vista, ma è sveglio o almeno voglio crederlo. Credo che lei sappia che lo sbaglio sia in realtà la carica che mette in moto un ingranaggio altrimenti imperfetto, senza lo sbaglio non cercheremmo il rimedio, quel magico incantesimo che sta solo nelle tasche del Padreterno, che lo rende forte, che lo rende autorevole ai nostri occhi. Non è per la sua generosità che Dio è noto, ma per la sua clemenza e non c’è clemenza se non commetti errori.
Così, per non togliere né a me né al Creatore il palcoscenico, lei ha deciso di tornare a un solo patto ed io di accettare quel patto. Mi ha chiesto di abbandonare la ribalta e tornare tra la gente a recitare con maestria la fiaba del mio sbaglio. Non è importante quanti ascolteranno e quanti torneranno alla propria vita arricchiti dalla mia esperienza, basterà un solo spettatore per rendermi di nuovo attore e lei, signore, che è rimasto qui ad ascoltarmi per tutto questo tempo sottraendo del tempo alla sua vita, oggi mi ha redento, mi ha salvato, era lei che io avevo smarrito, era lei che io cercavo e adesso l’ho trovata, perché in fondo la mia creatività non se n’era mai andata, s’era solo nascosta per la troppa vergogna.