La fragilità dei sognatori

On 26/05/2021 by alecascio

La scura che ho di fronte al tavolo del Caimano è l’unica opportunità che ho di cambiare la serata e aggiustarmi la giornata come si aggiusta un pessimo film inserendo un gran finale. Sì chiama Stella e l’ho trovata già qui. Nella fretta di vivere qualcuno deve averla abbandonata.
“Anch’io” le dico, “sono stato rifiutato come un cane disubbidiente, ti capisco Stella, ma ci faremo compagnia se ti va”.
Chiedo al cameriere qualcosa da mangiare perché io e la mia amica qui, non siamo venuti per riflettere le stroboscopiche del DJ, anche se la gente oggi c’è passata attraverso. Siamo come aria mite presa a spallate s’un marciapiede affollato, non ti accorgi neanche che esistiamo fino a quando non c’incazziamo e cominciamo a scoperchiare le case e le esistenze della gente. Allora diventiamo un pericolo anche noi, allora la gente, dopo averci insudiciato e sottovalutato, comprende la potenziale pericolosità di chi è trasparente.
“Già” dico a Stella, “ciò che non vedi spesso è capace di farti fuori più di qualsiasi altra cosa, perché non ti lascia difese”.
Il mio capo si chiama Benito, è famoso a Cinecittà, ha fatto dei film divertenti ma non è mai riuscito a trovare dei soggetti seri ed efficaci per essere trasmesso alla massa.
Mi dice: “Tu hai qualcosa? Voi sceneggiatori avete sempre qualcosa nel cassetto di tenebroso e triste, io aggiungo un po’ della mia gioia di vivere e vedrai che li fottiamo tutti come tori in amore”.
“Lo ha detto a cento altri prima di me, Stella, lo so perché le sue parole non sapevano d’improvvisazione. Quell’espressione, tori in amore, non è qualcosa che si dice al bar a chi sta mangiando un cornetto sperando di trovare un’occasione per pagare le bollette”.
Mi chiudo in me alzando le spalle, nonostante siano piccole le uso come fossero un’armatura perché per troppi anni una fragilità così incoscientemente esposta ti rende un mezzo uomo intimorito degli schiaffi che la vita ti rifila quando hai troppi sogni.
“Per uno scrittore avere un bel fisico è difficile quanto per un calciatore scrivere un romanzo, per questo non sono circondato da belle signore, Stella, e se non avessi incontrato te avrei certamente vagato in silenzio tra questa gente divertita e senza idee, avrei pagato una donna di bocca buona sulla Tuscolana e me ne sarei tornato a casa per farla finita un’altra volta.”
Ho pensato di ammazzarmi mille giorni su mille, ma vivo al pianterreno e procurarsi una pistola è facile solo nei film. Ho scritto per Benito la storia di uno scrittore dimenticato, l’ho chiamata “La fragilità dei sognatori” e parlava di me, vecchio e smunto, in giro per la città in cerca di uno sguardo che si ricordasse del bravo scrittore che ero stato, quando l’arte era creazione e non intrattenimento.
“Il vecchio scrittore” mi dice Benito, “è troppo vecchio, troppo malinconico, non sono riuscito neanche a piazzare una battuta, non c’è lo spazio per una tettona, per una hit del momento da mandare per fare cassa”.
“C’è lei” indico a pagina ventuno, “lei è una ragazza, posso farle crescere le tette se hai una penna!”
Parla della mia Marina come se parlasse di un volgare personaggio di un cinepanettone.
“Questa s’innamora del vecchio scrittore. Ma tu hai mai frequentato una tettona amico mio? Non puoi portare la quarta e innamorarti, sarebbe come avere una Ferrari e andare a piedi”.
Quand’ero giovane il mio maestro mi disse che per fare bene il proprio mestiere, uno scrittore deve basarsi sulla sua vita reale … e la sua vita reale dev’essere del tutto immaginaria.
“Ed io è per quello che mi trovo qui con te adesso, intrappolato in questo mondo di mezzo a parlare di parole scritte come fossero palazzi, cara la mia Stella, perché io imparavo mentre il mondo disimparava”.
Un gruppo di ragazzi ubriachi entrano e mi chiamano “nonnino” già dalla porta. Li conosco, mi danno qualche sigaretta ogni tanto ed io do loro qualche buon consiglio che come è palese non seguono.
Guardano Stella, la palpano come fosse di loro proprietà e “nonnino” dicono: “Avrai anche l’età del Carosello, ma ci dai ancora dentro di brutto”.
Marina, una delle ragazze del gruppo li allontana, le ho detto di non girare troppo con quei tipi, che lei è bella, è dolce, ha un futuro roseo di fronte, non c’entra nulla lei con quella gentaglia.
“Lasciatelo stare” grida e mi abbraccia come si abbraccia un padre, ma io al contatto col suo piccolo petto adolescente mi sento un uomo vero.
“Com’è andata col film, Numa?” mi chiede.
“Non l’hanno accettato, dicono che non era abbastanza commerciale per essere commerciato, che se i film andassero esposti ai musei avrei avuto qualche possibilità, ma in televisione …”
Uno dei ragazzi le mette una mano ai fianchi.
“Tu sei uno scrittore vero, Numa, non te ne frega niente di quella gente senza ideali”.
Se si potesse fare la spesa con gli ideali, ci sarebbe un mucchio di gente in strada a mendicare, ma io mangerei tacchino ripieno ogni sera.
Il ragazzo la tira a sé, poi afferra Stella e la lancia al muro, preso da una lisergica follia adolescenziale. Stella è fragile come me, ma lei ha il coraggio di frantumarsi e morire una volta per tutte.
Marina lo scrolla, il ragazzo. Lo fa con una violenza che non le attribuivo.
“Ok” dice lui, “stai calma, gliene ordinerò un’altra”.
Chiede una scura al cameriere, due Artois fredde: “E per favore che questa volta i bicchieri siano doppi e resistenti, che questo non è un circolo letterario e noi non siamo venuti a prendere un Tè”.

Alessandro Cascio

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