Marcolino dondola – Una storia quasi vera

On 17/08/2022 by alecascio
Voi ci siete mai stati nel Liechtenstein? All’entrata hanno un cartello turistico che recita così: “Visto che vi siete persi, tanto vale rimanere un paio di giorni”.
Io e Vittoria eravamo andati assieme a trovare Marcolino che aveva appena perso una gamba in un incidente.
Non sai mai che dire a chi si trova s’un letto d’ospedale.
“Cerca di non dire cose inopportune” mi ammonisce.
“Quando le avrei dette?”
“Prima al pizzaiolo”
“Gli ho detto che la sua pizza meritava cinque stelle nella guida Michelin”
“Già, e poi hai aggiunto “perchè sa di copertone”"
Non la capiva la mia lingua, il cameriere, non è peccato offendere chi non capisce la tua lingua, credo sia scritto da qualche parte nella Bibbia.
Quando Marcolino ci vide scoppiò a piangere.
“Chi mi vorrà adesso? Dove la trovo adesso una donna che mi completi?”
“E’ difficile” risposi, “dovresti trovarne una con tre gambe”.
Vittoria mi attraversò con lo sguardo.
Giuro, nessuno mi aveva guardato così male da quella volta in cui montai alla mia ex un armadio Ikea ma poi mi disse che in realtà avrebbe dovuto essere un letto a castello.
Ricevetti una botta allo stomaco che ancora oggi credo di avere una lesione interna e che morirò per delle inattese complicanze.
Avrei voluto morire di morte naturale, tipo trafitto da un tronco d’albero cadendo da una scarpata che dà su un verde prato che si perde in un magnifico tramonto.
Invece guardami, ucciso da una ragazza di vent’anni che pesa si e no 35 chili con le scarpe.
Feci gli onori di casa e poi li lasciai parlare.
Al ritorno, dirgendoci verso l’Hotel, lei mi chiese come mai la vita fosse così complicata.
“Perchè siamo nati per soffrire” le risposi, “se così non fosse avremmo il corpo in titanio, invece senti qua…” mi diedi un pizzicotto sull’avambraccio, “pelle e anche di pessima qualità, la cartapesta in confronto è un giubbino antiproiettile”.
“Ti sbagli!” mi disse.
Non mi sbaglio, mai.
Una sola volta mi sono sbagliato in vita mia, l’ho fatto di proposito per far andare i gol un ragazzino in fin di vita durante una partita di beneficenza e poter vedere il suo faccino felice.
Non scorderò mai quel giorno commovente.
Vinsi 98 a 1.
Vittoria voleva solo dirmi che per lei la vita era sempre stata difficile, che tutto ciò che desiderava era lavorare, fare il lavoro che amava tanto, non voleva una reggia, un’auto sgargiante, solo potersi guadagnare da vivere, eppure questa cosa sembrava difficile.
“Ma non demordo, sai, non smetterò mai di provarci”.
E io mi chiedo ancora oggi cosa ci trovasse di tanto bello nel lavoro, qualunque lavoro diventa orribile, anche il suo, una volta che inizi a farlo per soldi.
Io lo so, non ho sempre fatto il musicista. Una volta ero il responsabile di una grande azienda di scatolame e non facevo altro che lavorare duro. La mia donna di allora non ne poteva più, pensavo sempre ai soldi e al lavoro, al lavoro e ai soldi. Un giorno rientrai a casa e la trovai a letto con il mio migliore amico.
“Troia” le urlai, “sei licenziata!”
Fui sbattuto fuori un Lunedì, il capo mi chiese di fare lo staordinario e così mi misi a fare le capriole con una candela accesa in bocca suonando le maracas.
Oggi lavoro part time, forse non avrò mai una Ferrari ma posso permettermi di coaffittare un Boeing 737 con altre cinquanta persone a 19,99 senza bagaglio.
Il 3 Settembre Vittoria mi chiamò al telefono di primo mattino.
“Cristo di un Dio, ma lo sai che ora è?” le dissi.
“Le 11 e 30, perchè?”
Mi diedi due schiaffoni per svegliarmi e gli chiesi cosa fosse successo di così grave da chiamarmi a quell’ora.
“Marcolino” singhiozzò, “si è ammazzato”
Nessuno sogna di essere immortale nel Liecheinstein.
Marcolino mal sopportava l’idea di rimanere solo per tutta la vita, gli avevo spiegato che non sarebbe stato così che l’amore è imprevidibile come il finale di un film di Charlie Kaufman, che chiunque prima o poi trova l’amore se è disposto ad abbracciarlo.
Certo, io non sono un tipo che sa provare questa cosa dell’amore, sono andato anche da una psicologa una volta, in due anni di sedute l’ho convinta che l’amore non esiste e adesso fa la escort a Rotterdam.
Ma una cosa la sapevo, che l’amore esiste ed è tutt’attorno a noi, è come una trigre bianca, non è facile fotografarla ma da qualche parte è nascosta.
L’amore è tenerezza. È un soffice cuscino sul quale affondare una nuca pesante, l’abbraccio di un bambino a un orso di pezza, un bastardino di due mesi appena che ti corre incontro e ti lecca le labbra, un attimo di silenzio dopo lo straziante suono di una sirena. È la leggerezza del morto a galla dopo una nuotata.
Scoppiò a piangere.
“Cosa hai fatto?” mi chiese Vittoria, “ti avevo detto di parlare il meno possibile”.
“Ho fatto sfoggio di tutta la mia poesia” le dissi mentre mi trascinava via, “ma non si può discutere con uno senza gamba, è più facile farlo con uno senza lingua, è per il loro carattere che al mondo non ci sono mai stati grandi uomini senza una gamba, nè attori, nè cantanti, nè statisti. Quanti ne conosci? Sono pessimi”.
Rimasi appeso alla cornetta come fosse il 1982, feci dei nodi col dito al filo del telefono e chiesi a Vittoria cosa avrei potuto fare per farla stare meglio.
“Scrivi una canzone per lui” mi chiese.
Ne scrissi una la sera, la cantai al concerto del 12 davanti a una platea di 37 persone compreso il barista, fu uno dei miei più grandi successi.
Faceva così.
Marcolino dondola
Sembra una campana
Striscia con i mignoli
sopra il suo parquet
S’è vestito a nero,
fa pandan col grigio
dell’armadio ikea
tapezzato a “Che”.
S’è fumato tutta
La maria che aveva,
poi sulle cartine,
Marco ha scritto a sè:
“Non dimenticare,
quando arrivi al cielo,
di sputargli in faccia
a quelli come te”.
Marcolino dondola
non lo sa nessuno,
lui l’ha fatto anche
se pensava che
dal ’94
non ci sono miti
e morire giovani
è ormai demodè
l

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