Gli storioni di Budweiser

On 23/08/2022 by alecascio
“Quindi stai per lasciarmi anche tu, è così?”
Accesi una sigaretta e mi guardai intorno, casa mia era così rock’n roll che sembrava che i Rolling Stones ci avessero pernottato sbronzi per tre notti. Osservai il mucchio di vestiti riposti sul divano e le miriadi di scarpe dispari sparse come le molliche di un Pollicino deficiente che gira in tondo da settimane.
“Sai che non ho più un soldo, che vederci di nuovo sarà difficile a meno che non mi rotoli tra i piedi per caso. La vita passata insieme, le scorribande in autostrada facendo surf sul tetto dell’auto rischiando di finire spalmati sull’asfalto, il sesso così sbronzi che a malapena riuscivamo a muoverci a tempo.
I deliri a braccia aperte sulle note di Venus in furs.
Niente, tutto svanirà in lacrime come balene nelle fiamme a largo dei bastioni di Budweiser, o com’è che recitasse quel tipo biondo in quel film.”
Mi alzai lento ma con rabbia, piegai le ginocchia, mi spinsi in avanti ma alla fine strinsi i pugni: quella era la parte rabbiosa. Mi avvicinai alla finestra e guardai il mondo fuori:
“Sporco, è questo quello che vedo quando osservo la vita fuori da qui, macchiata di unto che solo un miracolo potrebbe spazzar via, la gente cammina per strada coi visi appannati dalla frustrazione, gli sguardi vuoti di una catarratta esistenziale e gli occhi opachi che sembrano biglie. Pensavo che tu almeno mi avresti dato conforto, che fossi rimasta con me ancora a lungo.”
Misi la mano sul vetro e rimasi imbrattato di polvere e una sostanza appiccicosa che mi colò tra i solchi delle mani.
“Dovrebbero inventare le finestre girevoli, così quando piove potrebbero lavarsi in entrambi i lati e invece siamo costretti a questo obrobrio senza rimedio, pulito fuori, sporco dentro come un brocker di wall street”.
Mi avvicinai a lei e le chiesi di lasciarmi almeno il suo sapore sulle labbra prima di dirmi addio.
“Non sono un perdente, sei tu che me lo suggeristi: non è importante avere qualcosa da scrivere, ma scriverlo bene. Gli altri sono troppo stupidi per capirlo”
Poi ci unimmo in un coro angelico breve e vigoroso come un Carmina Burana.
“Hai finito?” mi disse Ellie più povera e trasandata di un clochard in uno scatolone di finto champagne in una via secondaria nei sobborghi di Parigi, “non ne posso più di ascoltarti. Si può sapere con chi stai parlando?”
“Sto dicendo addio alla mia ultima bottiglia di Southern, ma tu che tiri candeggina e fumi rucola non puoi capirmi”
“Ce n’è un’altra nel primo cassetto” rispose lei che poi tornò a dormire sperando che il tempo passasse e di trovarsi in un bellissimo cottage a Malibù al suo risveglio.
La presi tra le mani e gli occhi mi si riempirono di lacrime. Senza di lei sarei esistito il doppio ma avrei vissuto la metà.
“Sapevo che saresti tornata” piansi nel buio come i fiammeggianti storioni da combattimento avvolti nella pioggia di Copenaghen.
Poi bevvi e mi accovacciai accanto ad Ellie che un giorno si sarebbe ridestata in paradiso, perciò strinsi la sua caviglia, per accattonarle anche il suo più bel sogno.
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