Marylebone

On 17/08/2012 by alecascio

Marylebone

La morte non abbraccia dolcemente come scrivono sui libri, ma ti strozza il collo con mani pesanti e ti costringe a osservare il mondo con occhi spalancati. Ti libera per un attimo di ogni inibizione così che tu possa vedere la vita priva di timore e vergognarti per non aver compreso quant’è bella. La morte non è un soffio come scrivono sui libri, se lo fosse io starei volando, ma invece cado giù, cado giù, cado giù.
C’era un vento invasato a Marylebone quella sera, soffiava di colpo quando l’aria pareva ferma e poi si nascondeva. Credo fosse uno di quei bambini fantasma di cui mi parlava Mamma quand’era ragazzo.
Le chiedevo: “Ma’, chi è che lo soffia il vento?”
Rispondeva: “Nessuno, lo soffia. Il vento è l’anima dei buontemponi rimasti sulla terra perché in Paradiso le donne non portano le gonne”.
Ero un “bambino perché”, curioso e matto come un cane dopo i giochi artificiali. Per forza di cose la mia curiosità terminava sempre nell’ignoranza, quella degli altri. Tanti erano i perché che chi mi stava accanto riusciva a soddisfare, tanta era l’ammirazione che avevo nei suoi confronti. Mamma una volta era arrivata a ventidue perché di fila senza battere ciglio ed io l’amavo per quello, specie perché con lei non si finiva mai nell’ignoranza ma nella fiducia.
“Perché non portano le gonne?”
“Perché in Paradiso non c’è vergogna.”
“Perché non c’è?
“Perché non c’è giudizio quindi non c’è sbaglio”.
“Perché?”
“Perché Dio lavora in terra e in cielo si riposa”.
“Perché?”
“Perché te lo dico io”
E quella frase che in bocca ad altri suonava minacciosa, in bocca a Mamma era il mio lago di fiducia e io mi ci lanciavo dentro e sguazzavo nella beata ignoranza dei miei otto anni, cullato dalle forti spalle di un genitore giovane e in salute.
Miss Mary Russell aveva una gonna che sembrava una tovaglia da tavola, c’era stampato sopra un gatto di stoffa pesante abbastanza da farle rimanere il davanti compatto alle gambe, ma il dietro svolazzava mostrando a malapena i polpacci della donna che si vestiva come una nonna, ma a guardarla sembrava la mamma di tutte le conigliette di playboy.
“Il vento è bizzarro, non crede Miss Russell?”, dissi.
“Il vento è piuttosto screanzato, Dixon”, arrossì Miss Russell.
Miss Russell non si vedeva spesso in giro, se non per la passeggiata della Domenica. Giusto una puntatina a Regent Park e poi tornava a casa. A Marylebone, meno una donna si vedeva in giro, più era alta la dote che si doveva mostrare al padre per averla. Un pregio se fossimo stati nel settecento, ma a quel tempo i Babyshambles già si facevano di crack, le ragazzine vestivano French Connection ed io stavo appena uscendo da un divorzio, una di quelle storie che sembrano perfette: lui amava lei, lei amava lui, almeno fin quando il primo lui non scoprì il secondo lui nascosto dentro l’armadio.
Miss Russell, vedete, era una di quelle donne che Mamma chiamava “fuori tempo”.
“Perché le chiami così?” le chiedevo.
“Perché la vita e la gente hanno un ritmo ed esistere è una danza: se vuoi vivere devi imparare a ballare la vita”.
Il padre, Alf, l’aveva scoperta con un uomo dietro alla sartoria che gestiva prima di ammalarsi di dispiacere.
In ginocchio di fronte al giovane John Beatnik, pronta a succhiargli via il disincanto dei fanciulli, gridò:
“Papo, non è come pensi!”
“Vuoi dire che non stai cercando di cucire la patta di quel ragazzo nascosta da occhi indiscreti perché le patte noi non le cuciamo ma le vendiamo?” rispose Alf.
Fu così che scoprì che la figlia era una troia, nel senso più sano e smaliziato del termine, perché tutte le donne sono le troie di qualcuno, altrimenti perché mai le ameremmo così tanto?
Salutai e mi voltai per andare: Miss Russell non era un’ottima compagnia fuori da un letto.
Sentii come un ciottolo sotto le scarpe. Guardai in terra e trovai un anello incastrato tra il falso tacco e la suola del mio mocassino.
“Miss Russell”, chiamai, “Miss Russell, un attimo, la prego”.
La donna si voltò reggendosi il cappello per far sì che non si confondesse ai mille aquiloni sui cieli del parco e chiese: “Cosa c’è da gridare tanto?”
“Nulla, è vero, nulla c’è da gridare: è solo che trovo che un anello sposi meglio la mano di una bella donna che la scarpa di un onesto suonatore di tromba, tutti qui.”
“Il mio Tiffany” esclamò Miss Russell, “come ci è finito nelle sue mani?”
“Era in terra. Forse dovrebbe smettere di schiaffeggiare il vento così violentemente o si sfilerà anche le dita e farà piovere”.
Una volta chiesi a Mamma:
“Perché cade la pioggia?”
“Perché l’aria è triste e ferita”, rispose.
Miss Russell sferrò uno schiaffo all’aria e la colpì, o almeno così pensò di aver fatto.
Avevo messo la faccia proprio tra la sua mano e il vento e per quella mia cafona interferenza chiesi scusa.
“Non è nulla” rispose la donna, “capita spesso a voi uomini di trovarvi nel posto sbagliato al momento sbagliato”.
Si riferiva al padre forse, che s’era trovato a gettare la spazzatura all’ora in cui ancora si produce spazzatura: maledetti minuscoli sacchi monodose.
Fino a quel momento non avrei mai creduto che la mia cortesia mi avrebbe portato al creatore, perché è lì che andrò non appena quel sudicio vecchio mi appenderà alla collana di corda che ho al collo.
Da quel che mi ha riferito il mio aguzzino, è stata una bambina di nome Mimi Epstein a dare fuoco a una pagliuzza e poi, col passaparola, la gente di Marylebone incendiò il quartiere.
“Sai Nonna Julia” disse la bambina alla tata, “ho visto Dixon, quello della musica, regalare un anello a Miss Russell e quella, sbem, gli ha dato uno schiaffo!”
“E l’ha baciata anche?”, chiese Miss Julia.
“Forse quand’ero voltata per guardare gli aquiloni”.
Al telefono Miss Julia sussurrò a un’amica: “Candy, cara, io non so cos’abbia nel cervello un suonatore di tromba, ma so che alla Russell piacciono i clarinetti”.
“Dici che l’ha toccata anche?” rispose Candy dall’altro capo.
“Ah, baciata di certo, ma la mia bambina grazie a Dio era voltata a guardare gli aquiloni per non vedere altro”.
“C’è altro?” chiese Rod Campbell del forno di Harley Street.
“Tanto altro che la bambina, nonostante il suo amore per le cose nuove, si è dovuta voltare a guardare gli aquiloni” rispose Miss Candy, che dopo aver chiuso la chiamata con l’amica Julia, s’era affacciata a salutare il fornaio e a chiedere un chilo di integrale per la sera.
“In un parco, coi bambini che giocano con gli aquiloni?” rispose il più vicino alla cassa tra i clienti di Rod che dopo la notizia era entrato a guadagnarsi il pane col pane: “Che vergogna!”
Alf, il papà di Russell venne a sapere che “la figlia era stata trovata mezza nuda tra gli alberi di Regent con Dixon ubriaco a fornicare sotto un nido di aquilotti di fronte ai bambini, due sterline e sessanta”.
Erano passate solo poche ore da quando la piccola Mimi aveva fatto ritorno a casa per la merenda.
“Due sterline e sessanta?” rispose Alf al suo medico: “Cosa c’entrano?”
“Non ne ho idea, ma potrebbe …”
“Dice che s’è fatta pagare?”
“A giudicare dalle doti di sua figlia, quella somma non andrebbe bene neanche come anticipo per una carezza.”
“Cosa vuole insinuare?” arrossì Alf, di rabbia e imbarazzo.

Ed eccomi qui legato che sto per essere appeso da un uomo che in punto di morte ha trovato la sua ragione di vita nella mia morte.
“Alf” gli dico: “Sai bene che è stato solo un gioco delle malelingue, nessuno farebbe sesso con me, non per sole due sterline e sessanta almeno: è a malapena il costo di mezzo chilo di pane con lo zucchero”.
“Lo so bene” risponde Alf: “Ma cosa vuoi che faccia?”
“Non uccidermi, per esempio. Sarebbe una buona idea”.
“E portarmi dietro la vergogna di un atto così riprovevole per il resto della mia vita?”
“Su, Alf, che vuoi che siano pochi giorni ancora”
Una volta, tenendole la mano, chiesi a Mamma:
“La morte è brutta?”
“La cosa peggiore che ti possa capitare se non hai passato abbastanza tempo a cercare di darle un motivo valido”.
“Perché Dio ci uccide?” domandai e con l’ultimo filo di voce mi rispose: “Non lo so”.
E la sua ignoranza m’insegnò a danzare la vita, mi preparò la strada per diventare un uomo
La corda mi ha bloccato il sangue sotto il pomo d’Adamo. Spalanco gli occhi e vedo Miss Russell piuttosto appannata di fronte a me. Ha una mazza tra le mani e calcia via Alf come fosse un peso eccessivo anche per il pavimento.
Mi slega e allenta la corda, ma mi lascia appeso ancora perché in terra esausto non le sarei d’aiuto.
Mi prende una mano e la poggia sul suo seno, poi mi dice: “Che ne dici di un giro al parco, io e te, tra gli alberi sotto i nidi degli aquilotti?”
“Non ho spicci” le dico: “Hai da scambiare cinque sterline?”
Poi mi lascio cadere sulla corda trattenendo il peso sulle punte dei piedi.

Alessandro Cascio

Potete acquistare i miei romanzi in libreria, su www.ebay.it, su www.ibs.it, www.lafeltrinelli.it, www.inmondadori.it o su www.libreriauniversitaria.it

Trovate TUTTI i miei libri editi e inediti solo su:

Touch and splat, il fumetto, edizioni ESC/Il Foglio con la prefazione del maestro del cinema Ernesto Gastaldi (sceneggiatore di C’era una volta in America e Pizza Connection) ora anche su:

Comments are closed.