Il boom economico italiano e il miraggio della bella vita

On 29/05/2020 by alecascio

Fino a cinquant’ anni fa l’Italia era una potenza economica mondiale. Tra gli anni ’50 e ’60 conobbe un boom economico che si guadagnò l’appellativo di “miracolo economico italiano” (così lo definì un giornale inglese). A dare la svolta alla nazione furono l’industria siderurgica e la produzione e l’esportazione di automobili, di fibre tessili e di meccaniche di precisione e la scoperta di metano e altri idrocarburi in Val Padana. Il Financial Times definì la lira “la moneta più salda del mondo occidentale” e perfino Kennedy si congratulò con il nostro presidente.
Il modello italiano fu studiato da importanti economisti mondiali che cercarono di capire quale fosse la formula magica che aveva reso possibile questa repentina crescita. Alcuni l’attribuirono alla forza lavoro, la gente aveva tirato su le maniche ed era disposta a lavorare in qualsiasi settore con salari bassi, per questi economisti il miracolo arrivò dal popolo. Altri invece sostenevano che fu l’esportazione il principale fattore di crescita, aumentata di oltre il 300%. Ci fu poi chi ipotizzò che, essendo l’Italia un paese aperto al mercato economico esterno, dovesse per forza di cose produrre con standard qualitativi molto alti, questo l’aiutò a sbargliare la concorrenza. Il Made in Italy, insomma, diventò garanzia di qualità.
Le più grandi aziende del tempo e al quale si attribuiscono i meriti dell’ascesa italiana furono Fiat, Olivetti, Montedison, Ansaldo e Ilva. Conobbe una grossa crescita anche l’industria del cinema che fotografò il momento positivo e mise a conoscenza della bella vita italiana il mondo intero.
Il problema però, fu l’aumento del divario economico e sociale tra nord e sud. I soldi della nazione andavano tutti o quasi all’industria concentrata al nord e al sud, che viveva di agricolutura, restarono gli spiccioli. Le aziende concentrate nel meridione erano pochissime e questo provocò un esodo di milioni di persone che rappresentarono per il centro-nord una forza lavoro immane e a basso costo. La conseguenza fu che le zone agricole si svuotarono e chi rimase nei propri luoghi d’origine iniziò a vivere di stenti o di attività poco necessarie allo sviluppo collettivo. In quell’ambiente decadente, la criminalità trovò terreno fertile.
Inoltre gl’investimenti si spostarono sui beni di consumo privati, ovvero quelli che destinati all’esportazione e i beni pubblici (scuole, ospedali, trasporti) rimasero molto indietro in tutta la nazione.
Il consumismo era ormai radicato nella maggior parte degl’italiani che iniziarono a desiderare un po’ di quella bella vita che si raccontava nei film. Si accorsero ben presto che i loro salari erano troppo bassi rispetto alla mole di lavoro della quale dovevano sobbarcarsi e iniziarono le contestazioni. Le aziende furono costrette a cedere aumentando i salari in tutti i settori, cominciò quindi una lenta discesa economica che portò molte di quelle a investire all’estero.
Il miracolo italiano smise di esistere nel 1969 dopo quasi diciassette anni. I moti rivoluzionari del ’68 che aprirono le menti e portarono i giovani ad opporsi al sistema per il riconoscimento dell’individualità ne furono la causa.

<<La libertà individuale e il consumismo non possono coesistere. Laddove ci si lega a un oggetto si viene meno ai principi dello spirito. Desiderare entrambe le cose equivale ad ambire al paradiso pur non rinunciando ai vizi e alle perversioni destinate all’inferno.>>.

A.Cascio

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