La follia non è vana

On 31/05/2020 by alecascio

Ci sono persone che semplicemente non hanno la capacità di pensare e neanche possono imparare perchè la loro attività mentale non si è sviluppata come avrebbe dovuto. Una psicologa, parlando di mia madre (al tempo avevo sedici anni) mi disse: “E’ una questione di reattività alle nozioni, alcuni leggono una pagina di libro e la comprendono subito, altri invece devono leggerla tre, quattro volte”.
Era ignara del fatto che avesse letto più libri mia madre di quanti mai ne leggerò io, ignara che la difficoltà della donna stava più nell’elaborazione che nella comprensione istantanea. L’elaborazione è il contenuto filtrato dall’emozioni, dai ricordi, dalla cultura, dall’intero vissuto, per questo anche leggendo centinaia di libri, alcuni potrebbero non imparare nulla mentre altri potrebbero costruire un nuovo mondo leggendone uno soltanto.
Col senno di poi, non credo che gli psicologi abbiano mai curato davvero qualcuno, l’hanno sorretto, sollevato per un periodo breve, il periodo della luna di miele, ma la mente si cura da sola o da sola si distrugge. Possiamo arginare i problemi di qualcuno ma solo una forte coscienza di sè arrivata per caso con un effetto farfalla può spingere un essere umano a guarire e per quelle poche guarigioni la scienza non ha spiegazione perchè la nostra mente è un pianeta dove solo noi possiamo metter piede.
Ci tengo a dire che la follia è vana solo quando non è creativa e ci basta visitare i più grandi musei del mondo per renderci conto di quanto sia stata essenziale per la grazia dell’umanità.
Avevo nove anni e un mio zio, anziano, fu colpito da un grave cancro al cervello. Con mia nonna lo si andava a trovare spesso e spesso s’incontravano lì parenti prossimi e lontani.
Delirava, parlava di argomenti senza nè capo nè coda e insieme tutti ne ridevano strozzando di rado la risata quando emergeva in loro uno scampolo di magnanimità.
Io ne ero spaventato, mi nascondevo dietro mia nonna e speravo che d’un tratto decidesse di alzarsi per tornare a casa.
Poi un giorno una parte remota ma ancora funzionante dello zio si accorse di star parlando del nulla e urlò: “Fatemi stare zitto, vi prego, fatemi stare zitto”.
Calò il silenzio e dentro di me esultai perchè c’era ancora una quota cosciente nella sua mente e questa aveva chiesto aiuto ma aveva anche chiarito la realtà ai presenti:
“Non sono stupido, voi lo siete” aveva detto loro, “io sto solo morendo”.
Dello zio avevo sempre avuto un ricordo vago di lui seduto s’un dondolo con una radio accesa, scorbutico con tutti specie con noi bambini, ma quel giorno le sue parole me lo resero immortale. Questo m’insegnò che a volte basta una sola azione per essere ricordato e a noi, fin quando la ragione ci sorreggerà, non ci resta che compierne il più possibile seguendone le poche ed elastiche regole.

 

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