21/23 (Un racconto)

On 25/07/2021 by alecascio
Oggi ero a prendere una granita al mio solito bar sulla costa.
Il proprietario, che conosco da qualche mese, mi chiama:
“Alessandro!”
Si voltano tutti perchè il mio nome, quando lo dici per intero, fa quest’effetto. Tutti si chiamano Ciccio o Pino o Nino o Totò e a me spesso mi chiamano Ale per far prima, ma mi piace un sacco “Alessandro” quando lo si ripete, perchè sembra che ti stiano facendo i complimenti per aver conquistato l’impero persiano.
“Che c’è?”
“Lo sai che giorno cinque non puoi venire senza green pass!”
“Giorno quattro sì?”
“Ci hanno dato l’app, dobbiamo controllarvi uno per uno”.
Sapete, un conto è leggere certe cose sui giornali, un’altro è sentirselo dire dal vivo, un conto è venire fermati da una pattuglia che ti chiede di favorire i documenti, un’altro che te lo chieda il tizio che ti dà la granita, che poi non la fa neanche lui, la compra, è troppo bianca per essere stata fatta in casa.
Vaccinati, non vaccinati, non fa alcuna differenza, non ne so niente di come funzionano le cose, parlo della privazione di un diritto, che sia il mio o quello di un vicino, è questo a crearmi fastidio.
Non inviti a cena una donna non vaccinata, non la inviti a prendere una birra o un caffè, chiedi prima se abbia il green pass. Se proprio ti piace potete fare una cena romantica in giardino, altrimenti viri verso qualche altra.
Alla sera si organizza una pizza con gli amici e Ciccio e Pino non possiamo invitarli perchè non hanno il green pass.
“Devono fare un prelievo per andare in pizzeria.”
“Loro non ci credono, non è che non abbiano paura di morire o di infettare qualcuno, è che proprio non si fidano di quella gente. Neanche voi vi fidavate prima della pandemia, insomma, lo avete sempre pensato che sono degli stronzi senza dignità. Gli avete dato dei ladri incompetenti per dieci anni, da quando hanno acquistato competenza e fiducia?”.
“Dimmi un po’, sei un novax?”
“Che diavolo… no, è un pensiero come tanti altri, lo buttata lì, io novax, ma smettetela”
“Posso vedere il tuo green pass?”
“Ho il cellulare scarico”
“Va bene, ma noi non li vogliamo, Ciccio e Pino, la pizza gliela portiamo a casa appena finiamo, ci prendiamo un caffè con loro”.
“Ma allora che differenza fa?”
Mi guardano storto, provo ad impormi di stare zitto prima di scatenare una rivoluzione. Sono intransigenti, non vogliono che qualcuno l’infetti in un locale pubblico, non è il modo migliore per morire, sarebbe come avere un infarto a Disneyland.
“Senti, questa è la legge, funziona così, per guidare ci vuole la patente, altrimenti la macchina non te la compri. Per mangiare la pizza ci vuole la patente, altrimenti ti fai lo sfincione a casa”.
Lo so, voi lo reputate giusto, va bene, non sono un partigiano, non posso di certo attaccare casa Draghi e tenerlo in ostaggio, così deve andare e così andrà, ma è una sensazione nuova, come quella di dover rimanere a casa e non poter uscire se non per far pisciare il cane. Ma se prima tutti rimanevamo in casa ed era un po’ una sorta di fratellanza, adesso ci sono minoranze, persone con meno privilegi di altre, probabilmente ne avete qualcuna anche in famiglia, sei un tedesco con un ebreo in soffitta.
Nessuna polemica, non mi attaccate, a voi il presidente del consiglio che da presidente della BCE creò la prima ingerenza europea ai danni di uno stato sovrano (ai danni del suo stato) facendo chiudere 900 ospedali, sta simpatico perchè si occupa della vostra salute, a me no, ma non per questo siamo nemici.
A me per esempio piace Lou Reed e un sacco di gente sostiene che fosse stonato: lo era, ma non cantava la traviata, cantava poesie.
Draghi sostiene che tutta quella gente fuori dal bar morirà presto ed è difficile, sapete, guardare quei poveri moribondi trascinarsi per le strade con la bibita portata da casa e la cugina vaccinata che fa loro la spesa.
Un tizio alla vetrina mi fa toctoc col dito.
“Lascialo perdere” mi dice il cassiere, “non è vaccinato”.
Mi scrive una frase sul paint del cellulare: “Mi porti una birra?”
Il mio amico mi frena, mi afferra per un braccio e mi dice di starmene seduto.
“Non puoi continuare così, vuoi fare da cameriere ai novax per tutta la vita?”
“Non vivranno in eterno, voglio solo rendere dignitosi i loro ultimi giorni”
“Lo hanno voluto loro, nessuno li ha obbligati a rifiutare l’obbligo, devi lasciarli andare, devi scordarteli”.
Prima erano dei nostri, eravamo tutti nella stessa curva allo stadio a tifare Palermo, li abbracciavamo, ci sostenevamo a vicenda. Lui, il mio amico intendo, lo ricorda bene, non è una cattiva persona, sorride e mi suggerisce di tenermi stretti quei giorni, poi mi cede il suo posto che dà le spalle alla vetrina.
Bevo la mia birra e sento ancora toctoc per almeno dieci minuti, poi più niente.
Una pattuglia ha esortato il moribondo ad allontanarsi dal locale, lui ha opposto resistenza. Un paio di persone hanno fatto il tifo per lui, animate da quella insana e pericolosa fierezza che si era placata da mesi, poi tutto è tornato alla normalità.
Mi ha raccontato la vicenda il mio amico, io non mi sono mai voltato un istante per imparare ad adattarmi una buona volta.
“Ho avuto come l’impressione che la gente volesse essere al suo posto, sai?”
“Impossibile, nessuno vorrebbe morire solo per contraddire una legge”
“Già, nessuno” rispondo e ordino un’altra pinta.
AC 2021-23
turandot

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