Come copiare un romanzo

On 17/08/2012 by alecascio

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Compito di un editore oggi, non è soltanto quello di comprendere chi è bravo e chi lo è meno, ma è anche quello di smascherare chi copia a vantaggio di chi è invece puro, genuino. Qualsiasi accanito lettore con un briciolo di tecnica, furbizia e un po’ di materia grigia può rendere perfettamente la scrittura di qualsiasi scrittore. Tempo fa, ai giovanissimi aspiranti scrittori che mi chiedevano incoscientemente un consiglio ignari di chi fossi veramente, rispondevo di cimentarsi in un piccolo esercizio che potreste fare anche voi.
Scrivete una storia, fatevela dettare, rubatela da un film cambiando i personaggi, periodo storico e nazione; prendete il libro che preferite, aprite a pagina uno e lasciatelo aperto accanto a voi; togliete a vostro piacimento ciò che non vi conviene e cominciate a far muovere i vostri protagonisti esattamente come li fa muovere lo scrittore che state copiando, cambiando (e qui c’è bisogno di quella materia grigia sovracitata) le azioni e il modo in cui si svolgono.

Ecco un esempio tratto da Aspetta Primavera Bandini di John Fante.

“Avanzava, scalciando la neve profonda. Era un uomo disgustato. Si chiamava Svevo Bandini e abitava in quella strada, tre isolati più avanti. Aveva freddo, e le scarpe sfondate. Quella mattina le aveva rattoppate con dei pezzi di cartone di una scatola di pasta. Pasta che non era stata pagata. Ci aveva pensato proprio mentre infilava il cartone nelle scarpe. Detestava la neve. Faceva il muratore e la neve gelava la calce tra i mattoni che posava. Era diretto a casa, ma che senso aveva tornare a casa? Anche da ragazzo in Italia, in Abruzzo detestava la neve. Niente sole, niente lavoro. Adesso viveva in America, nella città di Rocklin, Colorado. Era appena uscito dall’ Imperial Poolhall, la bisca locale. [...] Doveva costruire un camino in una baita. Era pericoloso lassù, d’inverno. Eppure aveva mandato al diavolo il pericolo, perché allora aveva vent’anni, una ragazza a Rocklin, e bisogno di soldi.”

[Adesso basta cambiare il protagonista, le azioni, la città etc. Io ho deciso di parlare di Marianne, una libertina francese che sistema i giardini dei ricchi borghesi milanesi e vive come può, libera e senza pesi eccessivi]

“Si sedette, scacciando con la mano libera l’aria sporca. Era una ragazza piena di rabbia, si chiamava Marianne e viveva per strada quando faceva caldo e al Saint Barnaby quando faceva freddo. Ma faceva caldo ed era il giardino dismesso di Julienne la sua casa. Quella mattina l’aveva aiutata a sistemare le aiuole e lei le aveva concesso di rimanere a dormire sotto il pesco. Odiava il verde, odiava quella dannata Milano con tutta se stessa. Faceva la giardiniera perchè le veniva facile, perchè nessuno in città sapeva gestire il verde ma tutti ne avevano un gran bisogno. Anche da piccola, a Parigi, detestava il verde, preferiva di gran lunga il cemento dei complessi residenziali di Porte Saint-Denis. Era appena uscita dal centro sociale Vittoria dove aveva preso un po’ di ganja per sè e per la ciurma. Doveva ancora spazzar via le ortiche e sciogliere i rampicanti su quegli orrendi gargoyles sul tetto. Era pericoloso lassù, col caldo. Eppure non s’era creata alcun problema: aveva vent’anni, poteva avere qualsiasi uomo volesse e le bastavano i soldi per mangiare e fumare.”

[Continuando in questo modo, con qualsiasi libro, noterete che man mano i personaggi vivranno una loro storia e avranno i loro argomenti, ma in realtà è lo scrittore che state copiando il regista, non voi. Potete in seguito cambiare la storia lasciando che segua il vostro percorso, ma mantentendo lo stile. Possiamo compiere differenti azioni ma narrarle allo stesso modo]

Es: Fante: “Il mattino dopo, alle otto in punto, ritto accanto alla fontana dell’ingresso della scuola, si mise ad aspettare l’arrivo di Rosa. Nella tasca destra avvertiva il peso rassicurante del suo regalo per lei. Glelo avrebbe dato presto”.

Anonimo: “Quando si fece sera, alle nove esatte, in piedi di fronte alla fermata del 91, si mise ad aspettare l’arrivo di Julienne. Nella gola avvertiva il peso opprimente delle parole d’odio soffocate. Gliele avrebbe urlate presto”.

[Questo è quello che io definirei un paragrafo diversamente uguale, per non offendere quei poveri paragrafi con quel volgare "copiato"]

Ecco come mai questo spopolare di horror, noir e gialli, come se tutti avessero vissuto la smania di un piccolo King perseguitato dagl’incubi o di un Allan Poe con una indicibile paura della morte, come se tutti fossimo stati allevati ad una rigida disciplina religiosa e avessimo sentito ad un certo punto il bisogno di creare peccato ad arte, come Hitchcock. Ora non voglio insinuare che tutti scrivono seguendo il criterio da me rappresentato (ne sarei a dir poco onorato), ma di certo le mie allusioni spiegano il perchè ogni “brillante idea per un soggetto” salta subito alla testa dopo aver visto un buon film o letto un buon libro. Per finire, secondo il mio modesto parere, uno scrittore è tale se vive da scrittore, se soffre le paure e i turbamenti che soffrono i suoi personaggi, se anche a frequentarlo e a parlargli mostra la stessa ricchezza o povertà d’animo che mostrano i suoi protagonisti, ma non biasimiamo l’editore o il lettore che sbagliano o lo scrittore che bluffa: la sincerità è difficile da gestire e difficile da scovare, è per questo che il mondo è quello che è adesso.

[Dimenticavo, per restare in tema: lo stile del pezzo che ho appena scritto non è il mio, chi mi conosce sa bene che io lo avrei riempito di bestemmie e parolacce. L'ho gentilmente rubato da "76 ragioni per cui il vostro libro ..." di Pat Walsh. Gli ho rubato anche le parentesi quadre e la diplomazia].

Alessandro Cascio

 

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