La Cechia e il muro di Lennon

On 17/08/2012 by alecascio

Il corpo quando comincia a vivere strilla. Lo so perchè anch’io sono stato neonato, e non una sola volta. Non mi sono ancora abituato alla luce del sole, ai rumori, al mondo reale, quello senza trama che non insegue niente di più che l’ora dopo e l’altra ancora. Mi sto lasciando tatuare il corpo da uno dei migliori tatuatori d’Europa, mi aveva contattato Turyanskiy ma avrei dovuto raggiungerlo a Mosca e non sarei stato sicuro del risultato.
Questa gente ama chi si offre come tela bianca per la loro creatività. Sono stato cinque ore fermo, il braccio s’era quasi addormentato dal bruciore, ma avevo il mio iPod pieno della migliore musica che l’essere umano abbia mai partorito, da Moonlight Sonata a Woman is a nigger of the world. Non lo lascio un attimo il mio iPod americano.
Quando AK ha visto i miei occhi gonfi di felicità e le mie gambe tremanti dall’emozione, dal freddo e dalle ore passate immobili s’una sedia, anche lui quasi si è commosso.
“Le rose non le ho colorate dentro” mi ha detto: “Ho capito cosa volevi così ho pensato che il rosso della passione dovesse colare via o schizzare come il sangue dopo uno sparo”.
Gli spari di Lennon e Cobain li ho vissuti entrambi, solo uno da vicino. Kurt e John mi danno coraggio fin da quand’ero piccolo. Quando ho paura di osare è a loro che penso, ascolto la loro musica e potrei affrontare la morte.
Faremo la schiena adesso, ho ancora molto tempo da passare qui. Il dolore dell’ago è una scarica d’adrenalina potentissima per chi come me ama questo tipo d’arte, il periodo di session è un momento che può cambiarti l’esistenza, ma sopratutto è un sacrificio al prossimo tuo, una grande manifestazione di fiducia. Dio ti ha creato olivastro e liscio e un uomo che a malapena sai chi sia ti ricrea secondo una sua idea, tu lo lasci fare, tu gli permetti di condizionare la tua vita per sempre. Non c’è legame più grande di quello tra tatuatore e tatuato.
Ho scritto qualcosa, ma ancora niente di significativo, non m’interessa più molto. Non credo di voler pubblicare più in Italia, credo di valere di più di quel posto. Non mi sono mai sopravvalutato in vita mia, anzi sono una bestia feroce con me stesso, ma vedo un mondo molto lontano dalle mie idee, troppa gente che ben pensa, troppi membri del circolo di “quelli che sanno”. Non mi sono mai sopravvalutato, non m’interessa farlo, mi piace migliorare, ma sono io il miglior consigliere di me stesso e per questo ho sempre raggiunto traguardi e fatto una marea di roba fica. Ho visto i diari di Kafka oggi. E io che pensavo di avere una pessima calligrafia. Mi piacerebbe che la gente in Italia capisse che “simpatico” e “villano” sono due cose diverse. In Cechia la gente è quieta, dopo settimane non ho ancora visto qualcuno strillare, importunare o semplicemente fare una battuta a un passante sconosciuto. Niente di tutto questo. Si direbbe quindi che questa è gente schiva. No, invece. Oggi un uomo anziano con gli occhi pieni di comunismo e lotte di piazza mi ha parlato come un amico, ha fatto strada con me fino al muro di Lennon, gentile come un inglese, anche se ormai quelli hanno perso lo charme e gli è rimasta solo la nomea.
Il muro di Lennon è lungo una manciata di metri eppure ha cambiato la storia di questo paese. Era un muro come un altro, poi a qualcuno è venuta l’idea di scrivere una frase dei Beatles, gli altri lo hanno seguito e quell’ammasso di cemento è divenuto uno strumento di lotta al comunismo così potente che lo stesso governo ceco tentò di screditarlo. Ma come si può screditare un muro, Cristo Santo. E’ grazie ai cavalieri di Malta che quel muro esiste ancora e chiunque può scriverci su senza finire in galera. Lennon vive ovunque, quel posto era pieno della sua energia. Una ragazza mi ha riso per ore ieri allo studio. Le avrei detto: “Non lo vedi quanto sei bella e per bene, dovresti cercarli in monastero i tuoi uomini, non in un Tattoo Center che puzza di whisky. Ottimo whisky ceco.”
Mi ha salutato quando è andata via, io no e non ho ancora capito il motivo. Uscito sono rimasto a parlare per ore con una tossica che neanche mi piaceva, per lei andavo bene. Mi ha detto che vuole andare via. Per me qui è già “via”, per lei “via” è altrove. E quando arriverà dovunque voglia andare, la gente del posto sognerà d’andare ovunque pur di non restare. La conosco bene questa sensazione. Certa persone sono come carote coi piedi piantati in terra e il ciuffo all’aria, altre invece sono perline cadute da una collana rotta e sparse ovunque senza criterio logico e le trovi laddove non avresti mai pensato di cercarle.

Alessandro Cascio

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